“Nessuna estorsione da Lignite per il Caligola”, in aula parla ex gestore discoteca

 
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Gela. “Non ci fu una richiesta estorsiva da Giorgio Lignite, ma gli chiesi solo un consiglio”. Un esercente ha parlato, in aula, davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. Insieme ai fratelli, in base a quanto ricostruito dai pm della Dda di Caltanissetta, fu sottoposto a più richieste estorsive, recapitategli da emissari sia di Cosa nostra che della stidda. Tra 2006 e 2007, i clan i soldi li chiesero quando iniziò a gestire la discoteca “Caligola”. “Nel 2006, tremila euro vennero consegnati a Carmelo Billizzi, che era di Cosa nostra. L’anno dopo – ha detto – si presentò Salvatore Cavallo, per la stidda. Prima di pagare, però, volevo capire come fosse la situazione. Un giorno, mi capitò di incrociare Lignite. Sapevo, anche dai giornali, che era di Cosa nostra. Gli chiesi solo come dovevo comportarmi. Mi disse che se pagavo alla stidda non dovevo pagare anche a Cosa nostra. Fu solo un consiglio, non mi chiese il pizzo. A Cavallo versai 500 euro”. Lignite e Benedetto Zuppardo sono a processo, con l’antimafia che li ritiene autori di richieste estorsive, proprio ai danni degli esercenti che gestirono la discoteca “Caligola”.

Avrebbero ricevuto pretese di denaro anche per un’altra attività, una pizzeria. “Zuppardo lo conosco – ha aggiunto il testimone – veniva da noi, alcune volte pagava e altre no. Si presentò una volta, chiedendo soldi ma noi avevamo già pagato alla stidda. Fiorisi e Faraci, poi, sistemarono la situazione. Sapevo anche che Zuppardo divenne collaboratore di giustizia”. L’esercente, sentito davanti al collegio penale, ha risposto alle domande del pm dell’antimafia di Caltanissetta, Pasquale Pacifico, e a quelle dei legali degli imputati, gli avvocati Flavio Sinatra e Desireé Iaglietti. In aula, si tornerà a fine giugno.

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