Non favorì il ricovero a malattie infettive di un parente, assolta un medico del Vittorio Emanuele

 
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Gela. Assolta dopo la denuncia presentata dai familiari di un paziente ricoverato, negli scorsi anni, nel reparto di malattie infettive dell’ospedale Vittorio Emanuele. Era accusata d’abuso d’ufficio. Davanti al giudice dell’udienza preliminare Veronica Vaccaro, è finita un medico in servizio proprio nel reparto. Era accusata di abuso d’ufficio. In base alle contestazioni mosse dai magistrati della procura, avrebbe favorito uno stretto parente, ricoverandolo all’interno di una stanza singola del reparto dopo l’arrivo al pronto soccorso del nosocomio di Caposoprano. I legali di difesa, gli avvocati Vittorio Giardino e Liliana Bellardita, sono riusciti a dimostrare il rispetto di tutte le prassi sanitarie previste in questi casi. L’uomo, parente del medico, arrivò in ospedale in condizioni che fecero scattare il ricovero proprio a malattie infettive.

La denuncia dei familiari di un paziente. Il medico finito a giudizio, in base agli accertamenti effettuati, ne dispose l’inserimento in una stanza singola, per evitare possibili casi di contagio. A protestare furono, però, i parenti di un altro paziente che, dopo una breve permanenza in stanza singola, venne inserito per qualche giorno in un’altra stanza. Insieme a lui, c’era un degente che, secondo i parenti, si sarebbe presentato in condizioni igieniche precarie, con il rischio di creare complicazioni all’uomo già operato e in stato di debolezza immunitaria. Il medico, così, venne denunciata e partì il procedimento penale. Davanti al gup, però, i difensori sono riusciti a dimostrare che il ricovero in isolamento, all’interno della stanza singola, venne deciso dal medico non in relazione al rapporto di parentela ma piuttosto basandosi sulle cartelle cliniche e sui sintomi che facevano sospettare un’infezione in corso. I difensori, inoltre, hanno sottolineato che l’uomo che sarebbe stato sfavorito dalle decisioni del medico non subì alcun tipo di conseguenza. Inoltre, la presenza nella stessa stanza di un paziente in condizioni igieniche precarie non avrebbe in nessun modo potuto causare l’eventuale rischio di nuova infezione. Il medico, anche nel corso del procedimento, ha sempre dichiarato di aver agito solo in base ai protocolli sanitari che regolano la gestione di pazienti affetti da possibile infezioni.  

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