“Non pagava gli operai e li minacciava”, 5 anni e 8 mesi ad imprenditore: “Estorsione”

 
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Immagini di repertorio

Gela. Lavorarono per diversi mesi nella sua fornace, lungo la Gela-Butera. Quattro operai non vennero mai pagati dall’imprenditore Salvatore Migliore, che anzi secondo quanto ricostruito dagli investigatori li avrebbe più volte minacciati. Se gli avessero chiesto le retribuzioni pattuite, questo è emerso dal dibattimento, sarebbero potuti incorrere nella sua denuncia. Una serie di ricatti e intimidazioni, ricostruite in aula, che hanno portato alla condanna di Migliore a cinque anni e otto mesi di reclusione. L’accusa era molto pesante, estorsione. Quattro operai che decisero di raccontare quanto era accaduto si sono costituiti parti civili nel procedimento e il giudice Francesca Pulvirenti gli ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, oltre ad una provvisionale da cinquemila euro ciascuno. I legali che li rappresentano, gli avvocati Davide Limoncello e Carmelo Brentino, anche nelle conclusioni hanno ripercorso la travagliata esperienza degli operai, che ad un cero punto capirono di non poter neanche chiedere gli stipendi, altrimenti Migliore avrebbe potuto denunciarli per estorsione. Secondo le testimonianze, l’imprenditore avrebbe tirato in ballo anche la sua adesione all’antiracket, che in realtà non sarebbe però mai stata formalizzata. Alcuni operai, sentiti nel corso del dibattimento, addirittura spiegarono che l’imprenditore, nel tentativo di punire un elettricista che non si era presentato alla fornace, chiese loro di contattare qualcuno che gli potesse incendiare la vettura. Tutti elementi che hanno spinto il pm Sonia Tramontana, nella requisitoria finale, a parlare di “fatti molto gravi” e a chiedere la condanna a sette anni di detenzione.

I legali di difesa, gli avvocati Maurizio Scicolone e Marzia Cammarata, hanno invece del tutto rivisto la versione fornita dall’accusa, negando che Migliore abbia mai minacciato gli operai che lavoravano nella fornace. Anche sui pagamenti sono stati indicati aspetti differenti rispetto a quelli avanzati dalla procura. Secondo la linea dei legali, l’imputato avrebbe sempre cercato di onorare gli impegni sulle retribuzioni, ma la crisi della sua attività non gli consentiva di coprire tutte le somme entro le scadenze pattuite. Il giudice Pulvirenti ha condannato l’imprenditore e a questo punto la difesa potrebbe decidere di presentare appello.

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