“Non potevo aprire il negozio”, esercente minacciato: l’inchiesta anche sui collaboratori

 
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Gela. Le minacce e le intimidazioni partirono perché quell’attività di ortofrutta avrebbe potuto dare fastidio all’esercizio commerciale del quarantaquattrenne Emanuele Cassarà. I coinvolti nel blitz, condotto dai poliziotti della mobile di Caltanissetta, coordinati dai pm della Dda, si sarebbero mossi proprio per impedire che il possibile concorrente proseguisse l’attività. Minacce pesanti e azioni ritorsive, che hanno portato agli arresti non solo di Cassarà ma anche del cinquantenne Massimo Terlati e del cinquantunenne Marco Ferrigno. Sarebbero stati loro, sfruttando la vicinanza al gruppo di mafia dei Rinzivillo, ad indurre l’esercente a chiudere la propria bottega di frutta e verdura. Il nome di Emanuele Cassarà, proprio un esercente del settore l’ha fatto in aula, davanti ai giudici, in una delle recenti udienze del dibattimento scaturito da un’altra inchiesta antimafia, quella ribattezzata “Stella cadente” (nella quale Cassarà non è coinvolto). Il commerciante, che è anche parte civile, ha spiegato che fu avvicinato e gli venne imposto di rivedere la decisione di portare avanti la bottega di frutta e verdura, in centro storico. “Emanuele Cassarà non voleva che aprissi il negozio”, ha spiegato durante il suo esame. Un filone investigativo sul quale, evidentemente, gli investigatori già lavoravano, non solo rispetto agli interessi della stidda ma anche a quelli di esponenti vicini al gruppo Rinzivillo di Cosa nostra. Gli inquirenti, nel corso delle loro attività di verifica, si sono imbattuti anche in condotte, ritenute poco chiare, di due collaboratori di giustizia, Emanuele Terlati e Roberto Di Stefano, a loro volta toccati dall’indagine, anche se non sono state emesse misure. Da anni, collaborano con la giustizia, ma secondo gli inquirenti non avrebbero mai del tutto reciso i legami con esponenti della criminalità organizzata.

Gli accertamenti, anche in questo caso senza l’emissione di misure, si sono estesi a Nicolò Cassarà e ad Emanuele Pisano, a loro volta non raggiunti da misure cautelari. I poliziotti della mobile hanno effettuato perquisizioni, per acquisire elementi utili. Molti degli indagati, in passato, sono stati coinvolti in altre inchieste, legate agli ambienti della criminalità organizzata. A seguito dei provvedimenti eseguiti dai poliziotti, si presenteranno nei prossimi giorni davanti al gip, per gli interrogatori di garanzia.

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