Nove anni di opg per 20 euro, “non fu ingiusta detenzione”: caso La Perna verso Corte Europea

 
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Gela. Nove anni di ospedale psichiatrico giudiziario per una presunta estorsione da venti euro, che sarebbero stati chiesti alla nonna, che poco dopo ritirò la denuncia. Allora, Antonio La Perna era poco più che ventenne. Oggi, a trentacinque anni, deve convivere con gravi scompensi psichici e fisici, retaggio di una detenzione che l’ha segnato per sempre. A luglio, dopo oltre un anno, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno sciolto la riserva, rigettando il ricorso presentato dal legale di La Perna, l’avvocato Maria Concetta Di Stefano. Secondo i magistrati nisseni, non ha diritto al risarcimento dei danni. In base a quanto deciso, non si trattò di ingiusta detenzione. Con il ricorso, veniva chiesto un risarcimento da due milioni di euro. Con gli anni, tutte le accuse a suo carico sono cadute e in più occasioni il legale e il padre, Salvatore La Perna, hanno chiesto la revoca della misura di detenzione negli ospedali psichiatrici giudiziari. Appena ventenne, venne trasferito nell’opg di Napoli; dopo nove anni, ha lasciato definitivamente quello di Reggio Emilia. Un viaggio nel buco nero di strutture che non gli hanno assicurato alcuna riabilitazione, anzi. Gli opg, prima della chiusura risalente a due anni fa, sono stati al centro di diverse denunce pubbliche, anche da parte di commissioni d’inchiesta parlamentari. Il caso di La Perna, adesso, potrebbe fare ancora più scalpore. I legali che lo assistono potrebbero decidere di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. “Insieme ad un’altra collega – dice l’avvocato Di Stefano – stiamo valutando questa possibilità. Il verdetto della Corte d’appello di Caltanissetta non ci convince”. L’alternativa potrebbe essere il ricorso alla Corte di Cassazione. Nella vicenda, in base alle motivazioni fornite dai magistrati nisseni, non ci sarebbero state forzature della normativa. La permanenza negli opg, secondo quanto indicato, sarebbe stata giustificata dalla “pericolosità sociale” e anche il procedimento penale a suo carico “si è concluso con sentenza di non luogo a procedere per totale incapacità dell’imputato”.

Un verdetto che, secondo la difesa, non tiene in considerazione il contenuto delle relazioni dei medici, sempre sfavorevoli alla permanenza di La Perna negli opg, e neanche quanto sostenuto dal direttore dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia che, davanti alla vicenda, scrisse addirittura all’allora ministro della giustizia Andrea Orlando. Era l’aprile del 2014 e per la responsabile della struttura emiliana, quella detenzione violava i diritti umani. Un “ergastolo bianco”, così lo definiva nella missiva inviata al ministro. Ora, il suo caso potrebbe finire sui tavoli dei giudici della Corte europea di Strasburgo.

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