Nove anni in ospedale psichiatrico giudiziario, “Quella di La Perna fu ingiusta detenzione”

 
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Gela. Nove anni ininterrotti di ospedale psichiatrico giudiziario

per una richiesta, alla nonna, di circa venti euro.
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Il caso alla Corte d’appello. Un’accusa di estorsione, poi caduta, che ha dato inizio al calvario del trentaquattrenne Antonio La Perna. Entrato in opg a ventitré anni, ne è uscito solo nel 2016. Per lui, i danni fisici e psichici sono stati quasi devastanti, segnandogli definitivamente la vita. A fine febbraio, il suo legale di fiducia, l’avvocato Maria Concetta Di Stefano, discuterà il caso davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. Quei nove anni, stando al legale, sono tutti frutto di ingiusta detenzione. Così, verrà chiesto un risarcimento, dopo che anche l’accusa di estorsione contestata a La Perna è venuta meno. In realtà, dopo qualche giorno da quei fatti, la nonna che sarebbe stata minacciata ritirò la denuncia.
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Per anni, sia il legale che il padre del trentaquattrenne, Salvatore La Perna, hanno più volte chiesto che venisse revocata la custodia negli ospedali psichiatrici giudiziari, anche sulla scorta di una serie di perizie mediche che confermavano l’assoluta incompatibilità tra le condizioni di Antonio La Perna e la permanenza negli opg. La difesa ha presentato un vasto ricorso che verrà trattato davanti ai giudici della Corte d’appello nissena.
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Spetterà a loro decidere se i nove anni sono stati un’ingiusta detenzione. La famiglia La Perna, dopo quei fatti, ha lasciato la città, trasferendosi in nord Italia. Allo stesso tempo, il legale ha scelto di mantenere aperto anche il canale della giustizia civile, con un ricorso che chiama in causa pure il Ministero della giustizia.

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