Omicidio Sequino, difese e periti confermano: “Nell’intercettazione non c’è frase sul delitto”

 
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Sequino fu ucciso in pieno centro storico

Gela. Non ci sono frasi che possano ricondurre all’omicidio del tassista Domenico Sequino, ucciso a pochi passi dalla chiesa Madre, nel dicembre di otto anni fa. Per le difese di Nicola Liardo, del figlio Giuseppe Liardo e di Salvatore Raniolo, l’integrazione della perizia su un’intercettazione ambientale captata in carcere dagli inquirenti è decisiva. L’hanno ribadito anche questa mattina, nel corso dell’esame dei tecnici. Secondo gli inquirenti, soprattutto quell’intercettazione incastrerebbe gli imputati. Invece, le difese, sulla base dell’integrazione e di una perizia di parte, affidata agli esperti Pitzianti e Chiaromonte, hanno ottenuto una nuova valutazione e quelle frasi non emergono. Gli stessi periti sentiti in aula hanno ritenuto non necessaria altra attività tecnica sul resto delle intercettazioni. Gli avvocati Giacomo Ventura, Davide Limoncello, Flavio Sinatra e Antonio Gagliano, hanno rinunciato alle loro liste testimoniali. Sono certi che non ci sia alcun elemento per collegare i tre all’omicidio. L’intercettazione finita sotto stretta verifica faceva parte del materiale probatorio dell’inchiesta “Donne d’onore”, anche in questo caso condotta sulla famiglia Liardo. Gli imputati hanno sempre escluso di aver ordinato ed eseguito l’omicidio. I carabinieri e i pm della Dda accertarono che quella sera i killer, in sella ad uno scooter, si avvicinarono a Sequino, che si trovava proprio a ridosso della chiesa. Uno gli sparò alle spalle diversi colpi di arma da fuoco mentre l’altro (rimasto non identificato) aspettava in sella al mezzo. Poi, si dileguarono. Gli investigatori spiegarono che fu Raniolo a sparare su ordine dei Liardo.

L’inchiesta si mosse intorno ad un credito che pare Nicola Liardo pretendesse da Sequino. Soldi che il tassista gli avrebbe dovuto restituire a seguito di un investimento rimasto solo sulla carta. Ci sarebbero stati contrasti. Una ricostruzione che gli imputati e le difese hanno sempre escluso. I legali hanno più volte ribadito che ci fosse la necessità di compiere verifiche tecniche sull’intercettazione, che invece per l’accusa sarebbe stata chiara. Nel corso dell’udienza di oggi è stata sentita, come testimone, una familiare dei Liardo. In aula, si tornerà a marzo. A breve, la Corte d’assise di Caltanissetta potrebbe chiudere il dibattimento, richiedendo alle parti di concludere. La famiglia della vittima, fin dall’inizio, ha seguito le indagini e l’intero procedimento, assistita dall’avvocato Salvo Macrì.

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