Operaio malato per i fumi di saldatura, in appello accuse prescritte anche per proprietario Smim

 
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Gela. Il reato si è prescritto già prima della pronuncia della decisione di condanna, in primo grado. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno chiuso il procedimento nei confronti del numero uno di Smim, storica azienda metalmeccanica dell’indotto di raffineria da poco dichiarata fallita, e di altri ex addetti. Giancarlo Barbieri, Luigi Pellegrino, Giovanni Giorgianni e Giovanni Corbino, erano accusati di non aver adottato tutte le necessarie misure di prevenzione per impedire che l’operaio Antonio Di Fede inalasse per anni i pericolosi fumi di saldatura, che gli hanno causato una grave patologia all’apparato respiratorio. L’ex lavoratore della Smim denunciò quanto accadutogli, facendo partire le indagini. Non avrebbe avuto a disposizione nessuno dei necessari sistemi di protezione e anche gli ambienti di lavoro non sarebbero stati messi in sicurezza. Di Fede lavorò per decenni alle dipendenze di Smim e oggi è malato. Era parte civile, con l’avvocato Giacomo Di Fede. In primo grado, gli è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni. La prescrizione però fa venire meno le precedenti decisioni. Il legale che lo rappresenta ha spiegato che le responsabilità di tutti gli imputati sono state provate, ma la prescrizione chiude di fatto il procedimento. La procura generale ha chiesto di respingere il ricorso degli imputati, confermando le condanne. In primo grado, sei mesi di reclusione erano stati imposti a Barbieri e quattro mesi ciascuno a Pellegrino, Giorgianni e Corbino.

I legali di difesa, gli avvocati Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Vincenzo Cilia e Salvatore La Grua, anche in appello, hanno anzitutto escluso responsabilità legate alla patologia che ha poi colpito Di Fede e inoltre hanno nuovamente invocato la prescrizione, spiegando che i termini scattarono dal momento dell’insorgenza della patologia e non da quello dell’accertamento medico. Una ricostruzione che in primo grado non è stata accolta, ma che ha invece trovato l’assenso dei giudici nisseni. Di Fede, per anni, ha chiesto che si facesse giustizia dopo quanto accadutogli, ritenendo di aver contratto la malattia a causa dei fumi inalati per un lungo lasso di tempo.

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