Operazione Inferis, gli affari delle donne del capo

 
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Gela. Con gli uomini in carcere, erano le donne a dover gestire buona parte della strategia criminale e, così, reggere gli affari del gruppo Alferi. Lo spaccato che emerge dai particolari più nascosti dell’inchiesta Inferis non lascia troppi dubbi.

Le donne contavano tra i ranghi dell’organizzazione.
Così, spunta, in maniera prepotente, la sagoma della quarantacinquenne Maria Azzarelli, sorella di Salvatore, a sua volta componente della presunta “grande” famiglia scoperta dagli investigatori. Sarebbe stata ‘a Maccarruni, infatti, a far uscire dalle mura del carcere di Catanzaro gli ordini imposti da Giuseppe Alferi.
Ogni sistema era buono: compresi i fazzoletti di carta, trasformati, davanti alla necessità di nascondere qualsiasi colloquio, in preziosi fogli sui quali trascrivere le coordinate dei successivi movimenti da compiere in città. Tutto, ovviamente, firmato Giuseppe Alferi. I due, legati da una relazione sentimentale non troppo clandestina, si sarebbero intestati le sorti dell’intera banda. Proprio la Azzarelli, almeno stando all’esito dell’inchiesta, avrebbe avuto le chiavi, è il caso di dirlo, del mercato parallelo degli alloggi Iacp.
Nessuno, in sostanza, poteva permettersi di occupare un alloggio popolare senza avere l’autorizzazione sua e dell’organizzazione. Un controllo capillare di palazzine e appartamenti: solo le famiglie autorizzate avrebbero avuto il via libera.
Un panorama preoccupante intriso di affari economici: dietro le occupazioni abusive, ci sarebbe stato un giro di denaro utile a finanziare la banda. Il potere imposto dai sodali di Giuseppe Alferi, infatti, non si traduceva solo in violenza urbana.
Ad alimentarlo ci sarebbe stato molto denaro: come quello prestato a strozzo. I clienti, così come ribadito dai magistrati della Dda nissena, li avrebbe reclutati la trentanovenne Antonella Bignola, dipendente della sala Bingo di via Venezia. La donna avrebbe avuto gioco facile nell’individuare clienti in difficoltà economica da spingere tra le braccia dei cassieri di Alferi.
Una talpa, insomma, da utilizzare per oliare le economie della banda: mentre, ad attendere fuori dal carcere il marito divenuto boss, ci sarebbe sempre stata la quarantacinquenne Silvana Cialdino, moglie “ufficiale” di Peppe ‘u jerru, legato, invece, come dimostrato dalle tante visite in carcere, a Maria Azzarelli.

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