Partono per lavorare e tornano senza niente…spese a loro carico, aziende con sedi in altre regioni e stipendi non pagati: i viaggi degli operai che hanno perso il posto

 
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Gela. Da alcuni anni, a cominciare dalla fase di avvio del processo

di riconversione della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore, gli è praticamente venuto a mancare il terreno sotto i piedi.

Le trasferte in “rosso”. Posti di lavoro persi e il ritorno in fabbrica è diventato, nella maggior parte dei casi, un lontano miraggio. Così, decine di operai locali hanno iniziato a girovagare, in Italia e all’estero, alla caccia di un ingaggio. Qualche mese di lavoro per far quadrare i conti o, addirittura, la promessa di un contratto a tempo indeterminato. Nuove opportunità che, in diversi casi, si sono trasformate in complesse vertenze. Il lavoro che sarebbe dovuto durare per diverso tempo quasi azzerato, stipendi arretrati non ancora ottenuti e spese di trasferta sostenute praticamente per intero dagli stessi lavoratori. Uno scenario che è diventato quasi consuetudine anche alla Camera del lavoro della Cgil, dove l’ufficio vertenze sta gestendo, allo stato attuale, non meno di una trentina di casi di questo tipo. Ovviamente, si tratta di lavoratori che, messi alle corde, hanno deciso di rivolgersi al sindacato. Così, spunta uno spaccato fatto di aziende, piccole e medie, portate avanti da imprenditori gelesi ma con sedi legali in altre regioni d’Italia, a cominciare dalla Lombardia, stipendi pagati con molto ritardo, contratti definiti secondo le norme in materia ma in realtà utilizzati per coprire ore di lavoro molto più lunghe e straordinari chiesti anche sabato e domenica. Per rientrare nel budget ed evitare di lavorare in perdita costante, gli operai in cerca di fortuna arrivano a condividere due o tre camere, che così vengono utilizzate anche da sei o sette di loro contemporaneamente.

L’ultimo approdo è il sindacato. “Purtroppo, sono situazioni che abbiamo verificato e continuiamo a monitorare – spiega Nuccio Corallo responsabile dell’ufficio vertenze della Camera del lavoro di via Pitagora – nella gran parte dei casi, le vertenze vengono avviate da operai non specializzati che, con l’indotto Eni decisamente ridimensionato, cercano fortuna altrove. Alcuni riescono nell’obiettivo, altri invece si trovano a fronteggiare situazioni molto difficili. Davanti ad una paga base che può arrivare anche a millecinquecento euro mensili, tra spese di soggiorno, vitto e viaggio, il guadagno effettivo si riduce a poco più di seicento euro. Gli operai, metalmeccanici ed edili, seguiti dal nostro ufficio vertenze, nel tempo hanno trovato lavoro per conto di aziende gestite da gelesi ma che hanno sede legale in altre regioni. Lavorano nei subappalti ma non tutto quadra sempre alla perfezione. Può capitare che non vengano più richiamati nonostante i contratti oppure che non ricevano gli stipendi pattuiti. Le cause civili, così, devono essere incardinate davanti ai giudici del luogo”. Sembra quasi un ritorno ai decenni passati, quando si partiva, accettando condizioni di lavoro estreme. C’è tutto questo dietro alle pratiche gestite dallo stesso Corallo e dall’altro sindacalista Pino Lombardo che, quasi ogni giorno, si trovano davanti a questi lavoratori in cerca di una fortuna smarrita.

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