Pizzo su buste paga, la Cgil: “Dipendenti costretti a restituire i soldi ricevuti”

 
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Gela. “Nel settore del commercio troppi dipendenti ricevono meno soldi di quelli che il datore di lavoro dichiara in busta-paga perché costretti, pena il licenziamento, a restituire una parte del salario canalizzato sul conto corrente o incassato con assegno. Bisogna dire basta a questa forma di pizzo contro i lavoratori”.

 

A lanciare l’appello-denuncia, supportato dalle testimonianze di alcune commesse di negozi, è il segretario della Filcams-Cgil Emanuele Scicolone nel congresso provinciale dell’organizzazione in corso a Gela. L’appello è stato prontamente raccolto dalle categorie imprenditoriali del Nisseno perché Confindustria, Confcommercio, l’ associazione antiracket “Gaetano Giordano” e l’Ordine dei consulenti del lavoro hanno sottoscritto con la Filcams un protocollo di legalità per combattere “in particolare il fenomeno delle estorsioni che alcuni operatori praticano nei confronti dei lavoratori”.

Un protocollo – scrivono i firmatari – che ha anche “valore di denunzia dell’odioso fenomeno ma che non vuole affatto criminalizzare intere categorie quanto piuttosto contrastare tutti quegli imprenditori, liberi professionisti e commercianti che, non rispettando le leggi e i contratti di lavoro, operano delle vere e proprie estorsioni nei confronti dei dipendenti”.

“Tali fenomeni di illegalità – si legge nel patto – oltre a inquinare fortemente il tessuto sociale, mettono in discussione la libertà d’impresa, la concorrenza leale e falsano il mercato penalizzando le imprese sane”. Con il protocollo i firmatari si impegnano a “promuovere, singolarmente e in forma congiunta, le iniziative utili a educare e sensibilizzare tutti gli operatori alla cultura del rispetto delle regole, con la consapevolezza che vivere in un territorio libero è una convenienza per tutti”. 

 

 

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