Porto rifugio, serve una nuova caratterizzazione: approvato piano e si dovrà ricominciare

 
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Gela. Da più parti, anche negli ultimi giorni, sono state formulate ipotesi di rilancio economico ed infrastrutturale della città. Sul piano pratico, però, i conti vanno fatti con una burocrazia che non è mai parsa favorevole e con scelte strategiche, che stanno segnando il passo. Quello del porto rifugio, più di altri, sembra l’emblema di ciò che non ha mai funzionato e del tempo che è trascorso, tra procedure che non hanno ingranato e soluzioni spesso fin troppo avventate. Dopo mesi di silenzio, il dipartimento regionale della protezione civile è tornato a farsi sentire con un provvedimento, che in sostanza fa ripartire da zero le procedure di caratterizzazione dei fondali e delle sabbie del sito portuale. Quello che è stato fatto finora, infatti, non serve più. Lo scorso anno, durante un tavolo in prefettura, emerse che il tempo trascorso aveva fatto perdere ogni efficacia ai campionamenti già effettuati. Si dovrà ricominciare da capo. Le somme necessarie sono notevoli e la Regione ha autorizzato una copertura, dal capitolo per il dragaggio del porto locale, che ammonta, in totale, a 780 mila euro. Il consulente incaricato dal dipartimento, il dottor Giuseppe Zaffino, ha avuto diverse interlocuzioni con Ispra, che aveva già sottolineato la necessità di procedere ad un aggiornamento del piano di caratterizzazione, con i relativi campionamenti delle sabbie e dei fondali di un porto rifugio che rientra tra le aree Sin. I servizi necessari, adesso, sono stati suddivisi in lotti. Sono previste attività in mare, analisi fisiche ed ecotossicologiche, verifiche microbiologiche e “analisi chimiche su set ridotto”, per un totale di 550 mila euro. Nel quadro tecnico economico, per “somme a disposizione dell’amministrazione”, il calcolo delinea un ammontare di 229 mila euro.

In assenza di un aggiornamento del piano di caratterizzazione non sarebbe possibile procedere in un iter infinito, che si trascina da anni, nonostante siano sempre state disponibili le somme per i lavori, previste dal protocollo sottoscritto dalla stessa Regione e da Eni, ormai anni addietro. Si tratta solo dei lavori necessari a bloccare un insabbiamento che ha reso quasi del tutto impraticabile il porto rifugio. Nessun intervento è mai iniziato, proprio perché non sono state completate le fasi preliminari, con il dipartimento e l’Ispra (a livello ministeriale), che un vero e proprio punto di contatto definitivo non l’hanno ancora trovato. Ora, è necessario ripartire con nuovi campionamenti, per un porto che stenta a vedere la luce, nonostante i tanti progetti e le ipotesi di sviluppo messe in campo.

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