Prigioniero della libertà, l’appello disperato di Luca: l’illuso operatore ecologico

 
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Luca Calabrese e il suo cagnolino Rudy

Gela. Quarantadue anni, due figlie avute con donne diverse, un divorzio e sette anni di detenzione in carcere. Oggi, Luca Calabrese, vive solo con Rudy, il suo cane, un meticcio di Chihuahua che lo segue ovunque. La sua non è una scelta ma la condizione imposta dalle circostanze, ignorata dai servizi sociali e cavalcata dai politici di turno. Una proposta di lavoro basterebbe a colmare l’assenza della macchina organizzativa delle istituzione.
Libero dall’estate del 2006 si sente prigioniero dello Stato e dall’impossibilità di rifarsi una vita. I debiti giudiziari non gli consentono di varcare i confini geografici della nazione. E’ quasi un miraggio ottenere il rilascio di una carta d’identità valida per l’espatrio. Quasi allo stesso modo di trovare un’occupazione stabile. A Malta potrebbe raggiungere la sua compagna e la figlia e forse un lavoro, come promesso dal fratello che vive in Svizzera.
Dalla condanna per spaccio di droga del tempo ne è passato ma non è servito, a Luca Calabrese, per tornare ad essere un cittadino libero. “Chi finisce in prigione può continuare a sognare solo da dietro le sbarre – ammette il quarantaduenne – In prigione ho anche iniziato a studiare, quasi rimpiango l’avere conquistata la libertà con tre anni in anticipo grazie all’indulto e alla buona condotta. Di certo sarei riuscito a diplomarmi ragioniere. Avevo ottenuto l’ammissione al terzo anno. Ero tra i pochi che aveva acquisito dimestichezza con le equazioni. Forse non sono cosi stupido. La vita è una questione di opportunità”.

Da cittadino libero ha cercato un inutile inserimento sociale indossando, grazie alle lusinghe dei politici di turno, la divisa di operatore ecologico. “Guadagnavo onestamente 1.460 euro al mese – spiega Calabrese – un importo capace di mettere la parola fine alla mia insicurezza. Ero riuscito a coronare il sogno e la serenità di avere una nuova famiglia e una casa”.
Quella sicurezza si è interrotta bruscamente a Natale di due anni fa. E’ durata appena undici mesi, appesa ad un’assunzione a tempo determinato e all’incubo di una minaccia telefonica di morte. “Se domani ti presenti a lavoro ti sparo – mi ha urlato un codardo telefonicamente – Per me quel lavoro era tutto. Senza ripensamenti mi presentai regolarmente ma dopo due settimane, alla scadenza del contratto, fini la mia carriera da operatore ecologico e con essa la tranquillità famigliare conquistata dopo una vita difficile”. Le ristrettezze economiche, da una parte, e le insicurezze, dall’altra, hanno proiettato Luca Calabrese alla dura realtà. Anche la sua compagna l’ha lasciato. “Si è trasferita a Malta dove lavora – aggiunge – Anche nostra figlia l’ha raggiunta. Io sono intrappolato in Italia perché non riesco ad ottenere il timbro di espatrio. Dal 2015 i caposquadra della società dei rifiuti che opera in città promettono di farmi rientrare a lavoro. Sarebbe un sogno, anche se non credo più a quelle promesse. Per colmare la mia precarietà faccio dei lavori abusivi, come il parcheggiatore o altro”.

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