“Raffineria, è un gioco al massacro”: l’ira dei metalmeccanici e chi può già parte

 
0

Gela. “Un protocollo d’intesa che, fino ad oggi, si è caratterizzato solo per il mancato rispetto degli accordi assunti a Roma. La raffineria Eni rischia la chiusura nel silenzio generale”.

“Non ci sono più certezze”. L’allarme viene lanciato dai segretari provinciali dei metalmeccanici di Fim e Uilm Angelo Sardella e Nicola Calabrese. Le aziende che più di tutte risentono del paventato passaggio alla fase di green refinery sono quelle che per decenni hanno operato nell’indotto dello stabilimento di contrada Piana del Signore. “Non si ha più la certezza di alzarsi al mattino – spiegano i due sindacalisti – e sapere che si andrà a lavorare. La cassa integrazione, compresa quella in deroga, sta per completare il suo corso e sono iniziati licenziamenti e mobilità in molte aziende. Tutto questo, nella quasi totale indifferenza dei soggetti chiamati a gestire l’accordo dello scorso 6 novembre firmato a Roma tra i tavoli del ministero dello sviluppo economico. Si va verso la chiusura di una raffineria che riusciva a resistere sul mercato nonostante le tante difficoltà provenienti dal territorio e le continue provocazioni di chi cercava solo di alzare il tiro pur di accreditarsi”. 

“Un gioco al massacro…”. L’indotto della fabbrica, che conta oltre mille addetti, continua a patire la drastica riduzione di commesse che dovrebbero arrivare proprio dal gruppo Eni. “Non accettiamo più un gioco al massacro – aggiungono Sardella e Calabrese – che va a colpire solo gli operai dell’indottosalvaguardando quelli del diretto. Le istituzioni locali non possono rimanere a guardare mentre la raffineria si spegne. La classe dirigente che è stata votata fallirebbe in maniera clamorosa. Senza la famosa raffineria verde prevista nel protocollo di novembre, la città perderebbe l’unica vera risorsa economica”. Per queste ragioni, i segretari si rivolgono direttamente a “quanti possono e non fanno”. I manager Eni, da parte loro, confermano il rispetto del cronoprogramma definito a novembre. Il sindacato, a questo punto, spinge affinché possano perlomeno partire i primi lavori di bonifica indicati nel protocollo di novembre. 

Anche i pensionati per i lavori all’Isab. La stagnazione dei lavori in fabbrica produce ulteriori conseguenze. Sono almeno duecento gli operai, compresi quelli non inseriti nel contesto dell’indotto Eni, pronti a sbarcare tra gli impianti della fabbrica Isab di Priolo. I dirigenti aretusei, infatti, hanno in programma una fermata generale per gli impianti da sottoporre a manutenzione. Molti operai gelesi in cassa interazione hanno già comunicato la volontà di distaccarsi dagli ammortizzatori sociali per trovare collocazione, seppur a tempo determinato, nello stabilimento siracusano. “Attenzione, però, evitiamo gli abusi – dice il segretario provinciale della Fiom Orazio Gauci – non è accettabile che in un periodo come questo si passi all’ingaggio di operai già in pensione che, inevitabilmente, andrebbero a ridurre gli spazi d’assunzione per quelli in cerca di un periodo di lavoro”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here