“Revocare carcere duro ad Alferi”, fissato giudizio: difesa ha presentato reclamo

 
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Per Alferi è stato rinnovato il regime del 41 bis

Gela. Un rinvio c’era stato lo scorso gennaio. I giudici del tribunale di sorveglianza di Roma hanno fissato per fine mese la trattazione del reclamo presentato dalla difesa del cinquantaseienne Peppe Alferi. Verrà chiesta la revoca del regime detentivo del 41 bis. Alferi, ritenuto a capo di un terzo polo mafioso, autonomo da Stidda e Cosa Nostra, è stato condannato in via definitiva per le vicende confluite nell’inchiesta antimafia “Inferis”. Vennero arrestati diversi esponenti del suo gruppo, a loro volta poi in gran parte condannati. L’avvocato Maurizio Scicolone, che lo assiste, ha avanzato reclamo ritenendo che non ci siano più le condizioni per giustificare il regime del carcere duro. Farà leva sulle sentenze fino ad oggi emesse e sul fatto che non sia stata appurata l’esistenza di una vera e propria terza mafia, quella che farebbe capo al gruppo del cinquantaseienne. Alferi, anche parlando in aula nel corso del procedimento che lo ha visto tra gli imputati, ha sempre ribadito di non essere mai stato un mafioso.

I suoi uomini, nel corso del tempo, si sarebbero messi a disposizione per furti, cavalli di ritorno e danneggiamenti, ma secondo la linea difensiva Peppe Alferi non sarebbe un boss. Lui stesso si è definito “malandrino”, ma non mafioso. I giudici romani valuteranno tutti questi elementi e altri che la difesa sottoporrà attraverso il ricorso. Decisive, nel tempo, sono state le dichiarazioni dell’ex “figlioccio” di Alferi, il collaboratore di giustizia Emanuele Cascino, che ha svelato gli equilibri interni al sodalizio.

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