“Ritornarono in cantiere dopo l’orario di lavoro”, la morte di Romano: “Nell’area c’era stato un incendio”

 
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L'operaio Francesco Romano morì dodici anni fa

Gela. “Quando arrivammo, il corpo di Romano era già stato spostato”. Uno dei militari della capitaneria di porto che effettuarono i primi approfondimenti investigativi sulla morte dell’operaio trentenne Francesco Romano è stato sentito in aula, davanti al giudice Miriam D’Amore. “Da quanto ricostruito – ha detto – un gruppo di operai, dopo un corso sulla sicurezza concluso intorno alle diciassette, ritornò nel cantiere all’isola sei per movimentare alcuni tubi. Attività svolta dopo l’orario di lavoro. Romano venne schiacciato da uno di quelli che si staccarono dalla catasta presente nell’area”. Per gli investigatori, l’area di cantiere, dove operavano dipendenti di Cosmi Sud, non avrebbe rispettato i parametri di sicurezza. “Molti di quei tubi – ha proseguito il testimone – risalivano al 2005, quando le prime attività iniziarono ad essere svolte dalle aziende Comeco, Implaca e Cns. Ripresero ad essere movimentati solo nel settembre del 2012, quando si decise di riprendere i lavori di rifacimento della linea P2 bis”. Dalle verifiche, emerse che quei tubi erano stati collocati su una superficie piuttosto sconnessa, dove un tempo passavano linee che Eni utilizzava per il trasporto. “Notammo vegetazione spontanea e anche un albero che faceva pressione sula catasta di tubi – ha proseguito l’investigatore – un mese prima dell’incidente mortale, ad ottobre, una parte di quell’area venne sequestrata dopo un incendio, probabilmente causato da fuoriuscite di metanolo”.

La morte in raffineria. Romano perse la vita in raffineria nel novembre di sei anni fa, per lui non ci fu nulla da fare. Venne travolto da un tubo di almeno otto tonnellate. A processo, per rispondere alle accuse, ci sono Bernardo Casa, Ignazio Vassallo, Fabrizio Zanerolli, Nicola Carrera, Fabrizio Lami, Mario Giandomenico, Angelo Pennisi, Marco Morelli, Alberto Bertini, Patrizio Agostini, Sandro Iengo, Guerino Valenti, Rocco Fisci, Salvatore Marotta, Serafino Tuccio e Vincenzo Cocchiara. Sono tutti manager di Eni e responsabili delle aziende che monitoravano la sicurezza in fabbrica, oltre al titolare della Cosmi Sud, società che aveva assunto Romano. L’accusa, in dibattimento, è sostenuta dal pm Luigi Lo Valvo. Parti civili, invece, sono i familiari del lavoratore morto, rappresentati dagli avvocati Salvo Macrì, Emanuele Maganuco e Joseph Donegani.

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