Scooter rubati nella movida e nei lidi, tre condanne: giovani coinvolti in blitz

 
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Gli scooter venivano spesso nascosti in un garage a Scavone

Gela. Il pubblico ministero Federica Scuderi, nella requisitoria finale, ha confermato che dietro a diversi furti, “cavalli di ritorno” e danneggiamenti, verificatisi in città, ci sarebbe stato un gruppo di giovani, poi finito al centro di un’indagine, non a caso ribattezzata “Cavallo di ritorno”. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Silvia Passanisi (a latere Marica Marino e Antonio Fiorenza), ha emesso tre condanne, che si aggiungono alle nove già imposte ad altri coinvolti nell’inchiesta (sia dal collegio che dal gup). Tre anni di reclusione (con il riconoscimento delle attenuanti) sono stati disposti per Salvatore Alma (l’accusa aveva chiesto tre anni e sei mesi); un anno e nove mesi a Giovanni Di Maggio (con pena sospesa), la richiesta era di due anni e tre mesi; otto mesi a Giuseppa Morinello (anche in questo caso con pena sospesa). Secondo le accuse, Alma e Di Maggio avrebbero avuto un ruolo in alcuni furti e in episodi di ricettazione. Venivano rubati soprattutto scooter. Chi agiva avrebbe tentato poi di ottenere denaro per la restituzione. Normalmente, erano i proprietari dei mezzi a pagare per riottenerli. Il centro operativo del gruppo venne individuato tra le palazzine popolari della Iacp, a Scavone. I furti venivano messi a segno nelle zone della movida, ma anche nei pressi dei lidi balneari. Tra le contestazioni, anche il furto di una moto d’epoca e il danneggiamento della minicar di un giovane, che sarebbe stato preso di mira, a Caposoprano. La difesa di Alma, sostenuta dall’avvocato Salvo Macrì, ha messo in discussione l’intero apparato accusatorio, sostenendo che dalle intercettazioni non sarebbero mai emersi elementi per collegare i giovani ai furti ricostruiti dai pm e dai poliziotti del commissariato. Secondo la linea difensiva, ci sarebbero state discrasie anche negli orari degli spostamenti. Allo stesso tempo, ha sottolineato che nel caso del furto della moto d’epoca, sarebbe stato il proprietario ad escludere un coinvolgimento di Alma, che invece sarebbe stato contattato nel tentativo di ritrovarla, anche se era già priva di molti componenti e pare non fosse più efficiente.

Il legale di Di Maggio, l’avvocato Irene Di Dio, ha escluso che dal materiale investigativo siano emersi elementi a carico del giovane, ritenuto estraneo ai furti. Morinello, madre di Di Maggio, è invece stata condannata per simulazione di reato. Avrebbe denunciato il furto di uno scooter, ma secondo le accuse solo per coprire il figlio. Le difese a questo punto potrebbero ricorrere in appello.

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