L’esempio dell’impresa Amarù per aiutare le eccellenze gelesi ad emergere

 
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Gela. Sono ingegneri, architetti, programmatori informatici, giovani professionisti che si sono messi in gioco per darsi e dare una opportunità.

E grazie alla sensibilità di un imprenditore, Rosario Amarù, #Shiplab ha una sua sede fisica.

Nel cuore della zona industriale un immobile chiuso da anni diventerà il cuore pulsante del coworking, ma anche fablab e makerspace. Quello che era il simbolo del fallimento della contrattazione negoziata, della legge 488, dei contributi a fondo perduto utilizzati da imprese spregiudicate, oggi è il centro della rinascita, del riscatto. Rosario Amarù lo ha concesso in maniera gratuita a Shipab. L’associazione pagherà le utenze e tutti i costi di gestione.

Hanno fatto tutto loro. Dalla tinteggiatura dei muri, alla realizzazione degli spazi ed i lavori di falegnameria. Le stanze non hanno porte per scelta. E c’è spazio per maker, investitori, giovani professionisti che hanno bisogno di una sede per incontrarsi, confrontarsi, progettare le loro start up.

Il coworking  è nato nel 2005 a San Francisco. La formula è vincente. Cambia il modo di concepire il lavoro. Si mette in condivisione sapere, professionalità e soprattutto i costi fissi che aziende e professionisti sono costretti ad affrontare per uffici, strumenti e servizi professionali.
Nella sede ci sarà spazio per gli startupper che hanno vinto il contest “Nice To Pitch You”.

Non solo. Le donna trovano anche una stanza giochi per il loro piccoli bimbi. “Vogliamo offrire la possibilità di trasformare idee in progetti vincenti – dice Gaetano Russo, presidente dell’associazione – offrire opportunità per attività creative, corsi professionali e progetti di impresa. Ci abbiamo creduto, ed ha creduto in noi anche la famiglia Amarù che ci ha dato carta bianca concedendoci un bellissimo immobile, da loro precedentemente acquisito da un’azienda dismessa” .

Non solo lavoro, anche cultura ed entertainment possono convivere nello spazio. “Shiplab è aperta a chiunque voglia scommettersi e non ha uno spazio fisico e di confronto con investitori e liberi professionisti”, spiega Ilenia Cafà.

“Non ho fatto nulla di straordinario – ha detto Rosario Amarù, proprietario dell’immobile – ci si riempie la bocca con concetti vaghi su come bisogna aiutare i nostri saperi, i nostri giovani, le eccellenze ad emergere affinchè non abbandonino il nostro territorio. Sono convinto che saranno invece loro a restituirmi quello che ho concesso in termini di messaggi positivi. Spero solo che il mio esempio venga seguito anche da altri imprenditori”. 

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