Sequestro da mezzo milione a Trubia, difesa chiederà restituzione beni: c’è l’ombra della mafia

 
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I poliziotti sono entrati nelle proprietà di Trubia

Gela. Sarebbero tutti beni e proprietà da collegare alla sua attività di allevatore. La difesa del pastore cinquantenne Maurizio Trubia si prepara a controdedurre alle richieste che sono giunte dagli investigatori, avallate dal questore di Caltanissetta con una proposta di sequestro di beni per un valore complessivo superiore al mezzo milione di euro. Il provvedimento si estende anche al gregge di proprietà dell’allevatore, oltre a riguardare conti bancari, mezzi da lavoro, fabbricati e diverse proprietà terriere. Per gli inquirenti, ci sarebbe il sospetto che il patrimonio sia stato messo insieme, facendo leva sulla sua presunta vicinanza ai clan. In passato, Trubia è stato indicato come possibile reggente di Cosa nostra locale, dopo la morte di Daniele Emmanuello. Il legale che lo assiste, l’avvocato Nicoletta Cauchi, presenterà una rendicontazione complessiva dei beni e la sta ricostruendo, attraverso l’ausilio di un consulente. Tutti elementi che verranno portati davanti ai giudici, già a gennaio. La difesa chiederà la restituzione dei beni. I poliziotti della divisione anticrimine, quelli del commissariato e gli agenti del reparto prevenzione crimine della Sicilia Occidentale, sono entrati nelle proprietà di Trubia, dando esecuzione al provvedimento.

L’allevatore, da tempo, è inoltre ritenuto responsabile di vari episodi di occupazione illecita dei terreni, usati come pascolo, danneggiando produzioni e raccolti di tanti operatori del settore, spesso restii a denunciare. Pochi, invece, hanno deciso di segnalare i danneggiamenti continui e le occupazioni delle loro proprietà, facendo partire i primi accertamenti.

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