Siamo tutti un po’ grillini

 
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Nella sua “Amaca” su “Repubblica” del 27 febbraio scorso, Michele Serra ha molto opportunamente richiamato l’attenzione sul libro di Tom Nichols, “La conoscenza e i suoi nemici”, uscito negli Stati Uniti lo scorso anno con il titolo “The Death Of Expertise” e da poche settimane pubblicato in traduzione italiana dalla casa editrice Luiss University Press di Roma. Serra osserva che, più del fascismo, oggi spaventa il modo in cui nella società americana (e non solo) si è venuto a configurare il rapporto tra profani ed esperti, con i primi che, lungi dal riconoscere autorevolezza ai secondi, pretendono di poter confrontarsi alla pari con costoro sulla base di un malinteso senso dell’uguaglianza, per cui, dato che siamo tutti uguali di fronte alla legge, siamo uguali in tutto e l’opinione di ciascuno su qualsiasi argomento vale quanto quella di chiunque altro. Anzi, poiché la competenza viene vista come una sorta di «foglia di fico dell’establishment e della “casta”», aggiunge Serra, lungi dall’essere vissuta come «una menomazione della quale liberarsi», l’ignoranza viene sbandierata come una vera e propria virtù civile.
Fin qui Serra sintetizza efficacemente uno dei punti essenziali del libro di Nichols, ma subito dopo fa un passo argomentativo che tradisce la natura propagandistica del suo breve pezzo. Avendolo proposto nel pieno della campagna elettorale per le elezioni politiche ed essendo egli esplicitamente schierato con il Partito democratico, non resiste alla tentazione di scrivere che “in buona parte” e “in termini di cronaca”, in Italia il pericolo denunciato da Nichols coincide con il grillismo. Serra naturalmente allude al fatto che tra i sostenitori del Movimento 5 stelle ci sono persone che, com’è noto, sono solite intervenire in rete parlando di cose sulle quali non hanno alcuna competenza certificata (dai vaccini alle politiche economiche di uno Stato) e rigettando come scientificamente equivalente o comunque come espressione di interessi nascosti qualsiasi parere diverso avanzato dagli esperti. Eppure, pur avendo chiaro che un atteggiamento del genere non è solo tipico del grillismo (in termini storici esso lo precede di parecchio), Serra commette un errore notevole. Orientando il lettore verso il disprezzo dei cosiddetti grillini, infatti, egli mostra di non aver compreso adeguatamente il libro che pure sostiene di avere letto. Nichols, in realtà, fa un’analisi molto più articolata di quanto la sintesi di Serra lasci supporre, perché si addentra in questioni cognitive e sociologiche che mettono in discussione persino aspetti non secondari della presunta autorevolezza degli esperti. Il problema, in effetti, riguarda tutti, perché il cervello dell’esperto è pressoché identico a quello del profano, scaturendo entrambi dalla medesima storia evolutiva. Come vedremo tra poco, l’analisi di Nichols riguarda anche lo stile cognitivo di un intellettuale come Serra, al punto che anch’egli, come tutti, non è immune dal “grillismo”. Gli esperti e gli intellettuali in generale sono vittime, esattamente come i profani, di varie insidie del ragionamento, come per esempio il cosiddetto “bias di conferma”, in base al quale siamo irresistibilmente portati a selezionare le informazioni che confermano le nostre credenze e a trascurare o a tenere ai margini quelle che le confutano. La differenza non è tra chi è affetto da questo baco mentale e chi non lo è, ma tra chi sa di esserne affetto per ragioni evolutive e chi non lo sa.

Addirittura, secondo uno studio del 2014 citato da Nichols verso la fine del secondo capitolo, gli esperti sarebbero vittima di un bias specifico, il cosiddetto “bias di uguaglianza”, che nasce dal prevalente bisogno umano di far parte di un gruppo e rimanerci: «i ricercatori hanno scoperto che quando due persone sono coinvolte in ripetute discussioni e processi decisionali (…) quelle meno capaci sostengono le proprie opinioni più di quanto ci si possa aspettare e il membro più competente si rimette ai loro punti di vista anche quando sono manifestamente sbagliati». E questo, naturalmente, rende spesso molto poco proficua una discussione, perché l’atteggiamento gregario che non risparmia neppure gli esperti si salda con la più temibile distorsione cognitiva che minaccia i profani, il famoso “effetto Dunning-Kruger”, cui Nichols dedica ampio spazio nella parte iniziale del secondo capitolo. Descritto per la prima volta in termini scientifici e sperimentali da Dunning e Kruger nel 1999, ma intuito ampiamente già da Socrate, Shakespeare, Darwin, Russell e altri, questo bias fa sì che un profano tenda a sopravvalutare le proprie competenze su un certo tema, soprattutto perché è sprovvisto delle armi logiche e autocritiche che gli consentono di valutare i limiti stessi della propria conoscenza. In tal senso il profano non solo non sa, ma non sa si non sapere e scambia le proprie nozioni approssimative per conoscenze fondatissime. Ma poiché siamo tutti dei profani per la stragrande maggioranza delle voci dell’Enciclopedia (nel senso di Eco), ecco che l’effetto Dunning-Kruger è una trappola che minaccia qualsiasi essere umano e che può scattare da un momento all’altro. Anzi, non di rado è proprio chi ha una qualche competenza su un certo campo di studi a correre i maggiori rischi, in quanto è portato a sopravvalutare le proprie competenze su altri campi (si pensi ai filosofi economisti di cui dirò in chiusura).
Si comprende, allora, che il “grillismo” denunciato da Serra sulla base del libro di Nichols riguarda tutti noi, Serra compreso, il quale peraltro, assai significativamente, dopo le elezioni si è mostrato subito più morbido con i vincitori e nell’“Amaca” del 9 marzo ha sostenuto che il perdente, cioè il suo partito di riferimento, dovrebbe prendere finalmente atto che molti suoi elettori hanno votato per il Movimento 5 stelle e che quindi un dialogo con quest’ultimo, in vista della formazione del nuovo governo, sia inevitabile.
Tutto ciò mostra quanto possa risultare proficua la lettura di un testo come quello di Nichols, che va usato come aiuto per affinare le proprie competenze metacognitive e non come arma contundente per colpire in modo maldestro una sola parte politica, come ha fatto Serra. Servirà ai leghisti, i quali potranno misurare tutta la fallacia, per esempio dal punto di vista demografico, che sta alla base del loro allarmismo sulla cosiddetta invasione dei migranti. Servirà ai neofascisti, i quali potranno capire che le loro nostalgie relative alla “cose buone” del Ventennio sono guidate banalmente dal loro bias di conferma. Servirà ai berlusconiani, i quali potranno imparare a vedere con maggiore obiettività informata il valore reale, anche in termini giudiziari, del loro idolo. Servirà ai grillini, i quali potranno rivedere con più acume critico certe loro ossessioni complottiste e anti-scientifiche. E servirà infine a molti intellettuali che provengono dalla lunga e tortuosa storia della sinistra, tra cui lo stesso Serra, i quali per esempio potranno finalmente imparare che padroneggiare alcune nozioni filosofiche e leggere qualcosa di Marx non equivalgono a una cattedra in economia, ma servono solo a sviluppare un approccio pressoché animistico al cosiddetto Capitale e a farsi voltare le spalle persino da coloro che vorrebbero salvare.

2 Commenti

  1. Mah… Tutto questo mi ricorda i ragionamenti contorti dei massoni, in realtà esistono solo la verità e la menzogna, la verità è una sola e di contro ci sono le varie menzogne. Le persone sono plagiate dalla nascita da varie forme di menzogna e vanno dietro a queste perché gli è stato insegnato così. Poi ci sono quelli che vanno dietro alle menzogne perché sono confortanti e non vogliono guerdare in faccia la verità perche fa male. Questo è quanto. Semplice e chiaro come la luce del sole a mezzogiorno.

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