“Spaccata” in gioielleria, indagati titolare e familiare: “Hanno pagato per refurtiva”

 
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Gli investigatori ritengono che i proprietari della gioielleria abbiano preferito pagare per riavere la refurtiva

Gela. Lo scenario non cambia e l’ha spiegato il procuratore capo Fernando Asaro, durante la conferenza stampa successiva agli arresti per la “spaccata” alla gioielleria “Rachele” di corso Vittorio Emanuele. “L’indagine è stata possibile solo grazie al valore degli investigatori e analizzando le immagini dei sistemi privati di videosorveglianza. C’è un’assoluta omertà in questa realtà locale”. Oltre all’inchiesta che tocca i cinque arrestati, Carmelo Martines, Michael Smecca, Giacomo Di Noto, Angelo Lombardo e Dario Gagliano, c’è anche quella per favoreggiamento che tocca uno dei titolari dell’attività commerciale e un familiare. “Una vicenda medievale”, ha ribadito Asaro. I titolari, secondo le accuse, avrebbero preferito rivolgersi a canali informali, per ritornare in possesso della refurtiva. Si tratta di monili e gioielli per circa 77 mila euro. Secondo il sostituto procuratore Federica Scuderi e i poliziotti, coordinati dal dirigente capo Salvatore Cicero, i proprietari della gioielleria avrebbero pagato non meno di 7 mila euro, regalando al loro contatto (secondo le contestazioni Dario Gagliano) un orologio Hamilton da 1.700 euro.

“I proprietari hanno rilasciato dichiarazioni subito dopo il furto – ha detto il sostituto Scuderi – ma poi hanno preferito i canali alternativi della criminalità”. Non avrebbero neanche informato gli investigatori del fatto che gran parte della refurtiva fosse stata recuperata, però secondo gli inquirenti dietro pagamento. Conferme in questo senso sono arrivate anche dagli agenti di polizia che hanno ricostruito l’intera vicenda, nonostante le dichiarazioni rese dagli esercenti non siano state ritenute del tutto veritiere. I provvedimenti di arresto, oltre che per Gagliano (ai domiciliari), hanno riguardato Michael Smecca, Carmelo Martines, Giacomo Di Noto (tutti detenuti in carcere) e Angelo Lombardo (a sua volta ai domiciliari). Il gruppo della spaccata sarebbe stato composto da Smecca, Martines e Lombardo. Gagliano e Di Noto avrebbero fatto da ricettatori, ricevendo i gioielli. “Non abbiamo la fila di imprenditori e commercianti che vogliono denunciare – ha spiegato ancora Asaro – preferiscono andare da altri”. Il magistrato è ritornato anche sull’assenza di un efficiente sistema di videosorveglianza pubblico. “Non è una città videosorvegliata, nonostante i cartelli – ha concluso – se ci fosse un sistema di videosorveglianza pubblico, la città sarebbe più tutelata”.

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