Spari a Settefarine, “ci siamo difesi!”: Carfì e Cinardi contro le accuse, i Trubia non parlano

 
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Gela. Non ci sarebbe stata nessuna spedizione punitiva nel parco della legalità di Settefarine. “Mi sono difeso”. A difendersi, davanti al giudice delle indagini preliminari Veronica Vaccaro, sono stati il sessantottenne Rocco Cinardi e il ventiduenne Francesco Carfì. “Mi dissero – ha spiegato lo stesso Cinardi – che mio nipote era stato ucciso. Così, mi recai sul posto per verificare. Vidi, però, un gruppo di persone che si dirigeva verso di me per aggredirmi. Ho sparato in aria solo per difendermi”. I due indagati, attualmente agli arresti domiciliari, sono stati sentiti durante l’interrogatorio di garanzia alla presenza del loro legale di fiducia, l’avvocato Giuseppe Simonetti che, intanto, ha già chiesto una modifica della misura cautelare. Il gip si è riservata ogni decisione.

I due giovani non parlano. Hanno fatto scena muta, invece, Stefano e Massimiliano Trubia, ritenuti responsabili degli spari in via Sciuti: un’azione che, stando agli investigatori, sarebbe stata la risposta ai fatti del parco della legalità. I due giovanissimi, difesi dall’avvocato Nicoletta Cauchi, hanno scelto di non rispondere alle domande del gip Vaccaro e, in ogni caso, rimarranno nel carcere di Balate in attesa del riesame già anticipato proprio dal loro difensore.

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