Spari Gb oil, “una sfida allo Stato”: Asaro, “silenzio dalla città”

 
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Il procuratore Asaro e i carabinieri

Gela.  È stato anche difficile ricostruire l’intera vicenda della stazione di servizio “Gb oil”. Il procuratore capo Fernando Asaro ha ripercorso l’accaduto. “Il trend criminale in città assume dimensioni preoccupanti”, ha spiegato in conferenza stampa. Il magistrato ha ricordato le risse della “mala movida”. Due, in centro storico, prima dei fatti del “Gb oil”. “Ricordo che l’11 marzo, in pieno lockdown, veniva sfondata la vetrina di una gioielleria in centro storico. In questa città, si delinque e si delinque molto. Il trend è preoccupante”, ha aggiunto il magistrato. “C’è un clima di diffusa insofferenza verso le regole in questo territorio”, ha continuato il procuratore. “La comunità gelese davanti a questi fatti è silente”, ha detto ancora. L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Mario Calabrese. “Manca una vigilanza sociale”, ha aggiunto il procuratore. Nel periodo 1 luglio 2019-30 giugno 2020 sono aumentati reati ambientali e contro la pubblica amministrazione, gli incendi e i reati in materia di armi e droga.

Per i pm della procura, l’episodio della stazione di servizio è “molto grave”. “Lo Stato, l’8 ottobre, era là – ha spiegato Asaro – ma c’è stato un silenzio assoluto della comunità. C’erano quattro carabinieri e due poliziotti.”C’è illegalità diffusa in tutti gli strati sociali – ha detto ancora – c’è quasi una sfida allo Stato. È uno sfregio compiaciuto alle istituzioni”. Alla conferenza, hanno preso parte i vertici territoriali dell’Arma dei carabinieri, che hanno coordinato le attività. Il comandante provinciale Baldassare Daidone ha parlato di gesto eroico del militare che ha bloccato Di Giacomo. “È stato molto freddo – ha detto il comandante – la coscienza deve cambiare. A Gela, c’è società sana. Deve dare un contributo”. Il colonnello Ivan Boracchia e il tenente Danilo Landolfi hanno coordinato le attività subito dopo i fatti. “A Paolo Quinto Di Giacomo – ha spiegato il pm Mario Calabrese – è stata riconosciuta l’aggravante della premeditazione. È uscito da casa armato”. Tutto sarebbe nato da un apprezzamento ad una ragazza, giunto dal gruppo dei licatesi. Il colonnello Ivan Boracchia ha spiegato l’intera dinamica dei fatti, ricostruita dagli uomini condotti da Landolfi. “Nessuno ha ringraziato il carabiniere intervenuto – ha detto Boracchia – è stato colpito anche con un bastone. Abbiamo solo ricevuto gli insulti dei parenti”. Un clima sempre più teso e nessuna solidarietà, così hanno concluso pm e carabinieri.

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