Stella cadente, “dichiarazioni esercenti riscontrate”: difese, “estromettere antiracket”

 
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Gela. Per i pm della Dda di Caltanissetta Claudia Pasciuti e Davide Spina, le dichiarazioni degli esercenti (soprattutto i fratelli Famà titolari del bar “Milano”) che denunciarono le pressioni stiddare per le forniture “sono riscontrate”. I due magistrati hanno parlato per diverse ore, questa mattina, davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. La requisitoria per i fatti dell’inchiesta antimafia “Stella cadente” proseguirà la prossima settimana, anche con le richieste finali. I pm si sono soffermati su quello che considerano un controllo capillare che il gruppo capeggiato da Bruno Di Giacomo (già condannato in primo e secondo grado) avrebbe esercitato in diversi settori commerciali, a partire da quello per le forniture ai bar e fino alle rivendite di ortofrutta, passando per società edili e locali. E’ stata lunga la disamina condotta, che ha portato i pm dell’antimafia a ripercorrere i tratti salienti della vasta indagine, tutta incentrata sulla riorganizzazione del gruppo di stidda, che avrebbe avuto a disposizione armi e puntava a controllare le estorsioni. In questo filone processuale, sono a giudizio, Giovanni Di Giacomo, Giuseppe Truculento, Giuseppe Vella, Vincenzo Di Maggio, Rocco Di Giacomo, Samuele Cammalleri, Salvatore Antonuccio, Alessandro Pennata, Vincenzo Di Giacomo, Benito Peritore e Giuseppe Nastasi. Pennata, sentito in aula, ha negato qualsiasi richiesta estorsiva ai fratelli Famà. “Gentilmente, avevo solo chiesto se riuscissero a saldare su un debito che riguardava l’attività condotta anche da mio fratello. Non li ho mai minacciati”, ha precisato. “I rapporti con Giovanni Di Giacomo sono stati solo di lavoro, non sono mai stato affiliato a gruppi di mafia, non esiste”, ha continuato. Parti civili sono gli esercenti sottoposti a minacce e ritorsioni, con gli avvocati Valentina Lo Porto, Federica Maganuco e Alessandra Campailla. Stessa scelta fatta da Rocco Di Giacomo, che è anche imputato. Parti civili, infine, sono la Fai e l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”.

I legali di difesa, gli avvocati Flavio Sinatra e Cristina Alfieri, nell’interesse dei loro assistiti, hanno avanzato richiesta di estromissione proprio dell’associazione antiracket. Hanno citato il provvedimento della prefettura di Caltanissetta che ha sospeso l’associazione, a seguito delle ultime indagini che hanno toccato aderenti di primo piano, anzitutto l’ex presidente Renzo Caponetti. Un altro legale del pool di difesa, l’avvocato Giovanna Zappulla, ha prodotto le motivazioni della sentenza “Leonessa”, emessa in primo grado dai giudici di Brescia, rispetto ad un’inchiesta parallela. I magistrati lombardi hanno escluso l’esistenza dell’organizzazione mafiosa. Gli imputati sono difesi inoltre dai legali Carmelo Tuccio, Antonio Gagliano, Tommaso Vespo, Antonio Impellizzeri, Enrico Aliotta e Rosita La Martina.

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