“Stella cadente”, difese in aula: respinte le contestazioni di estorsione e droga

 
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Gela. Le difese degli imputati nel dibattimento scaturito dall’inchiesta antimafia “Stella cadente” proseguono ad esporre le rispettive conclusioni, nell’interesse dei loro assistiti. Anche ieri, davanti al collegio penale del tribunale, è stata la volta dei legali. Le accuse mosse dai pm della Dda di Caltanissetta, che hanno portato a pesanti richieste di condanna, sono state respinte dal difensore di Giuseppe Truculento, accusato dell’estorsione a due esercenti, i fratelli Famà, titolari di un bar. L’avvocato Antonio Impellizzeri ha del tutto escluso la sussistenza di qualsiasi ipotesi estorsiva. “Non ci fu nessun ingiusto profitto. Qual è il vantaggio che ne ha ottenuto? Truculento non è un mafioso”, ha detto il legale che è ritornato sulle presunte pressioni che l’imputato avrebbe fatto ai Famà, per consentire il recupero di un credito vantato da un altro esercente, Giuseppe Vella, a sua volta imputato. “Si sono schermati come paladini dell’antimafia”, ha proseguito il difensore riferendosi agli esercenti che hanno accusato sia Truculento che Vella. Per la difesa, l’unico interesse sarebbe stato quello di non pagare il debito contratto. Accuse respinte anche dalla difesa di Vincenzo Di Maggio, considerato l’autista del boss stiddaro Bruno Di Giacomo e del fratello Giovanni Di Giacomo. L’avvocato Enrico Aliotta ha ripercorso i fatti che vengono addebitati a Di Maggio e allo stesso tempo li ha riletti in una chiave estranea a qualsiasi appartenenza ai clan. Non ci sarebbe stato inoltre un coinvolgimento nel traffico di droga. Proprio sull’affare della droga, che per i pm della Dda era un asset del gruppo stiddaro, si sono soffermati le difese di Giuseppe Nastasi (rappresentato dal legale Roberta Castorina) e di Salvatore Antonuccio (con il legale Giovanna Zappulla). Sulla posizione dello stesso Antonuccio, il difensore ha spiegato che non ci sarebbe mai stato un suo ruolo nella gestione di un traffico di droga, visto che non ci sono né riscontri pratici né quelli giudiziari. Il legale ha richiamato l’assoluzione dell’imputato nel procedimento legato all’indagine “Tomato”. E’ stata messa in forte discussione la sussistenza di “covi” per nascondere droga e armi.

Al termine della loro requisitoria, i pm della Dda hanno chiesto trent’anni di detenzione per Giovanni Di Giacomo. Vent’anni di detenzione è la richiesta per Salvatore Antonuccio, ritenuto assai attivo nel gruppo. Per Vincenzo Di Giacomo, invece, la richiesta è di diciassette anni e sei mesi di reclusione. Diciotto anni di reclusione sono stati avanzati per le posizioni di Vincenzo Di Maggio e Giuseppe Nastasi. Sedici anni e otto mesi, inoltre, per Rocco Di Giacomo (che è anche parte civile). Sedici anni di reclusione sono stati indicati per Alessandro Pennata. Otto anni ciascuno per Giuseppe Truculento e Giuseppe Vella. Sette anni è la richiesta avanzata nei confronti di Samuele Cammalleri. Quattro anni, infine, per Benito Peritore. Le richieste di condanna sono state sostenute dalle parti civili, gli esercenti sottoposti a minacce e ritorsioni, con gli avvocati Valentina Lo Porto, Federica Maganuco e Alessandra Campailla. Parti civili, infine, sono la Fai e l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”. Nelle prossime udienze, toccherà ad altri difensori concludere.

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