“Stella cadente”, imputati si difendono: in aula lungo esame di Scilio

 
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Immagine repertorio

Gela. Non si è ancora concluso l’esame di uno degli imputati, coinvolto nell’indagine antimafia “Stella cadente”. In aula, davanti al gup del tribunale di Caltanissetta, è stato sentito Alessandro Scilio, imputato ma allo stesso tempo parte civile nel giudizio abbreviato autorizzato dal giudice dell’udienza preliminare nisseno. Rispondendo alla domande del suo legale di fiducia, l’avvocato Davide Limoncello, ha ripercorso diverse vicende che gli vengono contestate, da quelle che riguardano la discoteca “Malibù” ai rapporti con il presunto capo della nuova stidda, Bruno Di Giacomo, fino agli spari contro il locale che gestiva. Ha spiegato che molte contestazioni si riferirebbero a fatti già ripresi nell’indagine “Tomato”, incentrata sullo spaccio di droga in città. Scilio verrà sentito anche alla prossima udienza, fissata per fine mese. Tra gli imputati, è stato esaminato anche Gaetano Simone. I suoi legali di difesa, gli avvocati Giacomo Ventura e Giovanna Cassarà, hanno ottenuto di sentire un testimone. Ha riferito su fatti addebitati allo stesso Simone.

Sono a giudizio anche Giuseppe Antonuccio, Giuseppe Alessandro Antonuccio, il collaboratore di giustizia Giovanni Canotto, Luigi D’Antoni, Bruno Di Giacomo, Giuseppe Giaquinta, Calogero Infurna, Emanuele Lauretta, Rosario Marchese, Gaetano Marino, Gianluca Parisi, Nicola Palena, Andrea Romano, Filippo Scerra. Parti civili invece sono il Comune (con l’avvocato Ornella Crapanzano), la Cgil (con il legale Rosario Giordano), la Federazione antiracket (con l’avvocato Mario Ceraolo), tre esercenti che sarebbero finiti nel mirino degli stiddari (rappresentati dall’avvocato Valentina Lo Porto), l’ambulante Saverio Scilio (con l’avvocato Alessandra Campailla), lo stesso Alessandro Scilio e Rocco Di Giacomo, imputato nel giudizio ordinario e difeso dal legale Antonio Gagliano. Anche l’Avvocatura dello Stato è parte civile nell’interesse della prefettura. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, la nuova stidda si era riorganizzata, intorno ai fratelli Di Giacomo. Gli stiddari avrebbero ambito ad inserirsi in diversi settori del tessuto economico locale, attraverso società di fiducia. Per gli investigatori, avrebbero avuto la disponibilità di armi e gli introiti sarebbero arrivati anche dallo spaccio di droga. I primi esercenti che decisero di denunciare le pressioni subite sono stati assistiti dall’antiracket locale.

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