“Stella cadente”, nove condanne e pene fino a sedici anni: assolti Di Giacomo e Cammalleri

 
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Gela. Nove condanne e due assoluzioni. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, ha emesso nel pomeriggio il dispositivo di primo grado al termine del dibattimento scaturito dall’inchiesta antimafia “Stella cadente”. La decisione formalizzata dai giudici è in linea con le richieste avanzate dai pm della Dda di Caltanissetta, Claudia Pasciuti e Davide Spina. La pena più consistente, a sedici anni e quattro mesi di reclusione, è stata imposta a Vincenzo Di Giacomo, in continuazione con una pronuncia del 2006. Quindici anni sono stati decisi per Giuseppe Nastasi, con il riconoscimento delle attenuanti e della continuazione. Quattordici anni e sei mesi a Vincenzo Di Maggio (sempre con il riconoscimento della continuazione interna). Quattordici anni, invece, per Salvatore Antonuccio (con la continuazione). Nove anni ad Alessandro Pennata (con il riconoscimento delle attenuanti), sette anni e sette mesi a Giuseppe Truculento e sette anni e quattro mesi a Giuseppe Vella. Un aumento di pena di quattro anni è stato disposto per Giovanni Di Giacomo, rispetto a quanto deciso con un’ordinanza del 2018. Infine, tre anni e sei mesi a Benito Peritore. Le assoluzioni sono state pronunciate nei confronti di Rocco Di Giacomo (difeso dai legali Antonio Gagliano e Tommaso Vespo) e Samuele Cammalleri (rappresentato dai legali Carmelo Tuccio e Flavio Sinatra). Nei loro confronti erano state richieste pene a sedici anni e otto mesi per Di Giacomo e a sette anni per Cammalleri. Il collegio, per le loro posizioni, ha ordinato la revoca immediata delle misure restrittive ancora imposte. Erano entrambi agli arresti domiciliari e tornano liberi. I nove condannati, inoltre, dovranno risarcire i danni agli esercenti che sarebbero stati sottoposti a pressioni e alle associazioni antiracket Fai e “Gaetano Giordano” (le parti civili sono assistiti dagli avvocati Valentina Lo Porto, Federica Maganuco e Alessandra Campailla). Avevano concluso per la condanna di tutti gli imputati, così come chiesto dall’antimafia nissena. L’entità del risarcimento sarà definito in sede civile. Il collegio ha indicato, tra le altre misure, la confisca della società “Malibù indoor srl” e quella di somme di denaro riferibili a Di Maggio. Il non doversi procedere, per un fatto già giudicato, è stato deciso rispetto ad una delle contestazioni mosse a Peritore. Secondo gli inquirenti, gli stiddari si erano riorganizzati intorno ai fratelli Di Giacomo. Il boss Bruno Di Giacomo, per queste vicende, è stato condannato in primo e secondo grado, con rito abbreviato.

Avrebbero avuto a disposizione armi e puntavano soprattutto sul controllo di certi settori economici, ad iniziare dalle forniture ai locali e fino all’edilizia. Le indagini vennero sviluppate sulla base di alcune denunce avanzate da esercenti, come i titolari del bar Milano di via Romagnoli, la cui versione è stata più volte messa in discussione dalle difese. Gli investigatori non hanno mai escluso che gli stiddari fossero pronti anche ad un’eventuale nuova guerra di mafia, nel caso di contrasti con le famiglie di Cosa nostra. Tutti gli imputati hanno sempre respinto gli addebiti. Le difese dei condannati si rivolgeranno ai giudici di appello. Tra i legali dei coinvolti ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Giovanna Zappulla, Cristina Alfieri, Enrico Aliotta e Antonio Impellizzeri.

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