“Stella cadente”, slitta avvio appello: dai giudici anche Bruno Di Giacomo

 
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Gela. Partirà ad inizio novembre il giudizio di appello, successivo alle pesanti condanne che il gup del tribunale di Caltanissetta, in abbreviato, ha imposto ai coinvolti nell’inchiesta antimafia “Stella cadente”. Il procedimento di secondo grado sarebbe dovuto partire oggi, davanti alla Corte di appello nissena. L’allerta meteo ha fatto slittare l’udienza ad inizio novembre. Tra i ricorsi presentati, c’è quello della difesa di Bruno Di Giacomo (sostenuta dall’avvocato Francesco Enia), considerato dagli inquirenti nuovo capo degli stiddari e condannato, dal gup, a ventidue anni e un mese di detenzione. Nei suoi confronti pesano le contestazioni più gravi. Sarebbe stato Di Giacomo, in base a quanto emerso, a riorganizzare gli stiddari e a fare pressioni su diversi operatori commerciali della città, allo scopo di assicurare spazio e introiti alle sue imprese e a quelle vicine al gruppo. L’organizzazione avrebbe avuto la disponibilità di armi e di covi dove collocarle. A Di Giacomo erano contestati tredici capi di imputazione ed è stata riconosciuta la continuazione. L’assoluzione è stata formalizzata solo per un capo, relativo al possesso di un’arma.

Nel giudizio abbreviato, inoltre, il gup ha disposto la condanna a quattordici anni di detenzione per Alessandro Scilio, sempre con il riconoscimento della continuazione. Nei suoi confronti erano contestati nove capi di imputazione, anche se al tempo stesso è parte civile e gli è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, per alcuni fatti imputati a Di Giacomo. Tredici anni e otto mesi di detenzione sono stati decisi per Gaetano Marino, che però non è stato riconosciuto promotore del gruppo attivo nel traffico di droga; dodici anni e due mesi di detenzione è la pena imposta ad Emanuele Lauretta; nove anni e sei mesi a Giuseppe Alessandro Antonuccio; nove anni e due mesi ciascuno per Andrea Romano, Filippo Scerra e Gianluca Parisi; sei anni e sei mesi di detenzione per Giuseppe Giaquinta e cinque anni e undici mesi a Giuseppe Antonuccio, Rosario Marchese e Gaetano Simone; quattro anni e cinque mesi per Nicola Palena; quattro anni al collaboratore di giustizia Giovanni Canotto, che con le sue dichiarazioni ha fornito elementi alle indagini; due anni e otto mesi a Calogero Infurna, assolto solo dal capo relativo al possesso di un’arma; due anni e quattro mesi a Luigi D’Antoni. Al termine del giudizio abbreviato, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, il Comune (con l’avvocato Ornella Crapanzano), la Cgil (con il legale Rosario Giordano), la Federazione antiracket (con l’avvocato Mario Ceraolo), tre esercenti che sarebbero finiti nel mirino degli stiddari (rappresentati dall’avvocato Valentina Lo Porto), l’ambulante Saverio Scilio (con l’avvocato Alessandra Campailla), Alessandro Scilio (rappresentato dall’avvocato Davide Limoncello) e ancora Rocco Di Giacomo, a sua volta imputato nel giudizio ordinario e difeso dal legale Antonio Gagliano. L’inchiesta si è protratta per anni e ha avuto inizio dopo la scarcerazione di Bruno Di Giacomo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Giovanna Cassarà, Cristina Alfieri, Laura Caci, Boris Pastorello, Rocco Guarnaccia, Maurizio Scicolone, Marco Tringali, Roberta Castorina e Rocco Di Dio.

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