Tutti gli uomini del re…non basteranno, a Gela Saro ha perso: da sindaco di tutti a sovrano di pochi

 
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Gela. Tutti gli uomini del re e, forse, solo quelli. Richiamando le gesta

politiche dell’allora governatore della Louisiana Huey Long, riportate nelle pagine del premio Pulitzer Robert Penn Warren, sembra quasi di tracciare la parabola dell’ex sindaco Rosario Crocetta, sempre più intenzionato a riprovare la carta di Palazzo d’Orleans.

Quelli che di Saro non si fidano più. Battezzato politicamente dal popolo, dai gelesi che di Saro si fidavano come di un compagno di lavoro, di uno come loro, oggi il re può contare solo sui propri uomini, quelli del cerchio magico, e poco altro. A credere che possa veramente farcela sono in pochi, giusto i suoi uomini, quelli più fidati, gli uomini del re. Probabilmente, dopo quanto elargito dal re, alcuni di loro sono quasi psicologicamente costretti a credere che possa farcela. Uno stuolo di professionisti, amici della prima ora diventati funzionari e fedelissimi toccati dal re che di loro non si dimentica. Crocetta, però, ha da tempo perso la città. A Gela, il presidente della Regione uscente sbatte contro un grosso cancello sbarrato, come quello che impedisce l’accesso al pontile sbarcatoio sul lungomare, che a dire del presidente e del magnate dei collegamenti via mare Vittorio Morace avrebbe dovuto fare “fuoco e fiamme”, con partenze e arrivi di aliscafi da ogni dove. I risultati, ovviamente, sono davanti agli occhi di tutti. Il terreno sotto ai piedi di Crocetta balla come non mai. Di Saro non si fidano più neanche quegli operai, quelli dell’indotto Eni, che fino a qualche anno fa non l’avrebbero mai tradito, perché lui era con loro e loro erano con lui. Il protocollo d’intesa firmato nel novembre di tre anni fa, con il passaggio alla green refinery e il tracollo occupazionale che ha investito le famiglie di tanti operai che di Saro si fidavano, ha sancito il de profundis. Oggi, Crocetta è come fumo negli occhi per lavoratori che, fino a qualche anno fa, se c’era da protestare davanti ai cancelli della raffineria, non si tiravano indietro e lo contattavano anche telefonicamente. Di Saro, però, oggi non si fidano più. Il re e i suoi uomini sono a Palermo, ma per chi si fidava di Saro e oggi non si fida più è come se vivessero in un palazzo di vetro (simile all’edificio Eni di Piana del Signore), sempre più distante e dove non entri, salvo che tu non sia uno degli uomini del re. L’eterno porto rifugio, un rapporto con Eni fatto di tanti proclami, le autorizzazioni per il maxi bluff Agroverde, un palazzo di giustizia costruito calpestando le basilari regole, gli espropri a valanga e i pesantissimi debiti fuori bilancio che sono ancora oggi macigni contabili per le casse di un municipio che ha dato i natali politici a Saro, l’antimafia di “maniera” che ormai non attira più neanche gli antimafiosi con le medaglie al petto.

Tutti gli uomini del re. Da sindaco con percentuali non bulgare ma quasi kazake a re che annaspa. Se la sua Sicilia deve ripartire da Gela, prendendo in prestito uno degli slogan che lo accompagnano, allora la rincorsa parte proprio male. Crocetta, in pochi anni, ha bruciato le tappe. Prima a Bruxelles e poi a Palermo ha quasi istituzionalizzato ciò che non andrebbe mai istituzionalizzato, ha fatto la corsa con quelli che, almeno nel libro delle buone intenzioni, avrebbe dovuto mettere da parte. Incarichi fiduciari, consulenze a pochi noti, posti che contano assegnati solo a quelli che contano per lui. Così, gli uomini del re si sono moltiplicati, alcuni sono partiti e continuano a partire da Gela e non possono far altro che stare con il re. Quelli che di Saro si fidavano e oggi non si fidano più, però, non sono di certo stupidi. Anche se lui è a Palermo, hanno capito come funziona, hanno compreso che quello alla Regione non è più uno come loro. Adesso, a Saro toccherà tornare in città in cerca di sostegno, di lauti voti, di numeri. Un tempo, agli albori della lotta al racket delle estorsioni, Saro diede alle stampe mediatiche uno slogan d’impatto “io non pago”. Oggi, forse, quelli che di Saro non si fidano più hanno maturato una certezza, di aver già pagato abbastanza.      

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