Uccisione di Falcone, il giudice vittima del complotto Stato-mafia che mortifica il meridione

 
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Gela. Ricorre il 25 anniversario della morte di Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia siciliana insieme alla moglie e ai valorosi uomini della sua scorta armata,

facendo saltare un tratto dell’autostrada Palermo – Punta Raisi. Tutto quello che aveva sentenziato il mafioso Buscetta, in un interrogatorio fatto da Falcone, si è verificato.

Prima sarebbe stato scaricato dalla politica e una volta isolato, sarebbe stato ucciso.

Però ancora oggi i politici falsi si chiedono come mai una persona con la scorta possa rimanere ucciso in maniera così eclatante? come se loro fossero completamente assenti e non complici dell’assassinio del giudice, loro che la mafia l’hanno alimentata e finanziata fin dal 1861, quando unificarono l’Italia, chiusero le scuole dell’obbligo  nel mezzogiorno d’Italia e sistemarono i mafiosi più in vista e i galeotti con più anni di ergastolo nei posti di responsabilità delle città meridionali. Nessuno vuole prendere coscienza di questa realtà storico-politica, che tanto male ha creato nel nostro mezzogiorno.  

Oggi si fanno manifestazioni di protesta contro la mafia, ma della vera origine di questa nessuno ne parla, anzi per alcuni scrittori di mafia, la sua origine è antropologica perciò noi meridionali non ci dobbiamo scandalizzare, tutti i nostri antenati  erano mafiosi mentre i nordisti bovari erano persone oneste e corrette; non ladri assassini del meridione.  

Tutti i testi scolastici del dopo colonizzazione dei piemontesi parlano della mancanza di capacità e cultura industriale del  meridione, quanto l’industrializzazione siderurgica calabrese di Mongiana vantava

una cultura ultra centenaria dove esisteva una cassa-mutua per assistere i dipendenti in caso di infortunio di malattia e fu una innovazione civile che vide la luce per la prima volta, nella storia della rivoluzione industriale, nel Regno delle Due Sicilie, ce n’era una analoga nei setifici di San Leucio di Caserta.

Queste cose vengono ricordate da  De Stefano Manno e Matacena. Altra eccellenza del regno delle Due Sicilie era il Real Opificio di Pietrarsa, sorto nel 1832 tra San Giovanni a Teduccio e Portici per produrre motori a vapore per le navi, locomotive, rotaie, carri merci, cuscinetti, ruote, torni, spianatrici. fucine, cesoie, foratrici, gru, cannoni, telegrafi, bombe, granate, laminati e trafilati.

Nel 1839 , la fabbrica di Pietrarsa sfornò le prime locomotive d’Italia che percorsero la prima linea ferroviaria della penisola Italiana “Napoli-Portici”,  facendo parte di un progetto che prevedeva la realizzazione di due assi costieri: sul Tirreno, sull’Adriatico e tre linee in Sicilia.

Nel 1860-61, in Italia circolavano 75 locomotive  made in Italy, di cui 60 erano costruite nelle Due Sicilie. 

Pietrarsa, dove lavoravano più di 1500 lavoratori specializzati, contribuì al regno delle Due Sicilie di affrancarsi dalle forniture siderurgiche e delle produzioni straniere.

Pietrarsa rimane famosa per le prime vittime operaie della storia, infatti il 6 agosto 1863 gli operai in sciopero per la riduzione del personale, furono attaccati alle spalle dalle baionette di Carabinieri, Bersaglieri e Guardia Nazionale dei Savoia. Quali e quanti furono le innovazioni nel regno alimentari nelle Due Sicilie lo lasciamo immaginare e per non  stancare i nostri elettori ricordiamo in questa sede il pomodoro: questo giunse dall’America latina intorno al 1770, donato al regno di Napoli di Ferdinando IV dal Vicereame del Perù in quel periodo dominato dalla Spagna dell’ex Napoletano Carlo III.

Il prodotto subito fu radicato nella cultura alimentare del Regno dove nacque il DOP San Marzano e la famosa Pizza. Nel 1773 , l’ex frate  celestino del Convento di San Pietro a Majella, accennò ad una salsa di pomodoro nel suo testo “Il cuoco galante”.

Più tardi l’aristocratico napoletano Ippolito Cavalcanti scrisse la prima ricetta dei vermicelli con il “pommadoro” nel suo trattato di cucina teorico-pratica del 1839 e la ricetta della parmigiana di melanzane, gloria culinaria di Napoli e Sicilia. Ad elencare le specialità culinarie del regno delle Due Sicilie, o le innovazioni nel campo dell’agricoltura o nell’industria, non basterebbero centinaia di pagine, ma i piemontesi distruggendo tutte le nostre eccellenze si sono appropriate di tutte le nostre attività produttive, trasferendo le eccellenze al nord e lasciando il sud nella miseria più assoluta. La beffa più grande è che ancora oggi la cultura meridionale e la politica in generale non riescono ad aprire gli occhi e continuano a insegnare nelle scuole dell’obbligo la storia scritta dai colonizzatori senza un minimo di verità e i politici a seguire la classe massonica del nord senza farsi alcuna domanda su come tutto ciò sia potuto accadere, pensando solo ad arricchirsi e rubare come meglio si può fare.    

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