Ucciso per una vendetta di Cosa nostra, dopo 30 anni scoperti gli assassini di Giuseppe Failla

 
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Gela. Sono Cataldo Terminio ed Angelo Bruno Greco, gli arrestati per l’omicidio di Giuseppe Failla, avvenuti nell’ottobre del 1988 a Gela, in piena guerra di mafia. Sono stati ammanettati dai Ros dei Carabinieri a Torino e a Como, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta che ha diretto le indagini. La vittima, 50 anni, proprietaria dell’omonimo bar di via Cadorna, stradina del centro storico, era incensurata. Failla venne assassinato alle prime ore del mattino, dopo l’apertura. Il cadavere crivellato di colpi di pistola era dietro il bancone e fu scoperto da avventori entrati per un caffè. L’inchiesta si è avvalsa delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia come Leonardo Messina, Ciro Gaetano Vara e Salvatore Ferraro. Secondo i magistrati, ideatore ed esecutore materiale dell’omicidio sarebbe stato Cataldo Terminio, uomo d’onore della famiglia di San Cataldo, con il supporto di Angelo Palermo, che avrebbe avuto il compito di autista del commando, e di Angelo Bruno Greco, appartenente alla famiglia di Gela, quale basista. 

L’omicidio sarebbe scaturito dalla volontà di Cataldo Terminio di vendicare la morte del padre Nicolò, uomo d’onore di Cosa nostra, ucciso in un agguato a San Cataldo il 17 aprile 1982 dagli appartenenti al gruppo dei cosiddetti “stiddari selvaggi” di cui Giuseppe Failla – secondo i collaboratori e gli inquirenti – era espressione. Dalle dichiarazioni dei pentiti è emerso inoltre che Giuseppe “Piddu” Madonia, rappresentante provinciale di Cosa nostra a Caltanissetta, avrebbe dato il suo assenso all’omicidio appoggiando la linea di Cataldo Terminio.

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