Un caso di scarlattina e due di tubercolosi, l’Asp rassicura: nessun rischio contagio

 
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Gela. Due casi di tubercolosi e un presunto caso di scarlattina mantengono alta la tensione in città sulle malattie infettive. Il rischio contagio potrebbe nascondersi nei luoghi pubblici con particolare riferimento alle scuole. Il caso di scarlattina interesserebbe una liceale che frequenta uno degli istituti della città. La ragazzina sarebbe in cura presso la propria abitazione, assistita dal medico di famiglia. Il responsabile dell’ufficio Igiene del Distretto sanitario dell’Asp, Calogero Buttiglieri, getta acqua sul fuoco e invita alla prudenza. “Non è stato confermato  – assicura – Ci sono indagini in corso per verificare l’eventuale patologia. Non esistono, comunque, problemi di contagio. Nemmeno tra gli studenti. La cura avviene come se si trattasse di una banale tonsillite. Basta ricorrere all’antibiotico”. La notizia si sarebbe diffusa rapidamente tra gli studenti dell’istituto scolastico, anche se le lezioni proseguono regolarmente. Non è previsto nessun intervento preventivo come, invece, era accaduto all’istituto commerciale dove si era rivelato indispensabile sospendere le lezioni per garantire una disinfestazione dei locali per un caso accertato di tubercolosi. Sono infatti legati a nuovi casi di tubercolosi quelli che tengono alta la tensione tra le corsi ospedaliere. In questa circostanza l’indice accusatorio è puntato contro una frangia della comunità rumena che vive in città. Negli ultimi mesi i casi registrati sono oltre dieci. Tutti legati a persone che hanno fatto ricorso alle cure mediche della struttura di via Palazzi. Sono tre, attualmente, le persone ricoverate presso l’unità operativa di Malattie infettive del presidio ospedaliero “Vittorio Emanuele”, retta da Carmelo Baretti. Si tratta di due uomini e una donna, di età compresa tra 42 e 50 anni. Una di queste, solo ieri pomeriggio, è stata dimessa. Gli esami hanno confermato che non era affetta da tubercolosi. Era stata ricoverata e tenuta in isolamento, come gli altri due suoi connazionali che invece sono in trattamento per curare la tubercolosi. Per loro le cure ospedaliere proseguiranno almeno un’altra settimana. Prima di essere dimessi e completare il trattamento presso il domicilio, i sanitari dovranno riportare i valori nella norma compreso lo stato febbrile. I medici dell’ospedale mantengono il più stretto riserbo sulla vicenda anche se l’ufficio Igiene dell’Azienda sanitaria provinciale potrebbe decidere di avviare un monitoraggio nel territorio per arginare eventuali contagi tra la comunità rumena, maggiormente colpita dai casi di tubercolosi in città.

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