Un libro sulla fine della madre: Antonio Giudice, “Troppi comitati d’affari in città”

 
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Gela. “Un sistema completamente bloccato da accordi tra imprenditoria e politica. Non a caso, chi non ha alcun aggancio a livello istituzionale come il sottoscritto è costretto a lavorare lontano da questa città”.

Non usa mezzi termini l’imprenditore Antonio Giudice davanti ad una realtà economica locale che, a suo dire, non ha alcun futuro.
“Se i lavori vengono commissionati sempre alle stesse aziende – spiega – che speranza dovrebbe esserci per le altre e per i giovani interessati ad entrare nel mercato del lavoro? Quando alcuni imprenditori iniziarono a denunciare, decisi di ritornare ma, oggi, mi accorgo che ben poco è cambiato”.
Lo scorso marzo, dopo il tentativo d’incendio della vettura posseduta dai suoi genitori parcheggiata in via Stoppani, l’imprenditore ha perso la madre. La settantasettenne Grazia Iannizzotto, infatti, non resistette alla paura e venne stroncata da un infarto. Un momento buio della sua vita che, adesso, è al centro di un saggio, scritto proprio dal pugno dell’imprenditore.
“Ho ritenuto giusto – spiega Giudice – testimoniare a tutti ciò che significa vivere in questa città. Mi hanno strappato una madre in quella che, almeno sulla carta, dovrebbe essere la capitale della legalità. Un grande supporto, anche se appare strano, mi è giunto dai tanti bambini che hanno partecipato alla manifestazione organizzata all’indomani di quei fatti. Alcune lettere scritte dai piccoli sono state inserite nel lavoro che sto per pubblicare”.
In “Gela piange vittime innocenti”, Antonio Giudice descrive minuziosamente le terribili fasi che portarono alla morte dell’anziana madre. Si spinge anche oltre: scrive del suo quartiere d’origine, San Giacomo, e della fucina di giovani killer che, proprio in quelle strade, diede linfa vitale alle cosche impegnate in una guerra fratricida.
“Io ho conosciuto una città fatta, per certi versi, di ammirazione nei confronti dei ragazzi del bar Olimpia, diventati killer della stidda – spiega – ma ho anche vissuto una città onesta e trasparente come gli esempi trasmessimi dai miei genitori. Grazie al magistrato Roberto De Felice, all’inizio degli anni novanta, ebbi la possibilità di stare a fianco, per il loro recupero, di tanti minorenni che avevano percorso la strada della delinquenza”.
Il monito lanciato da Giudice tocca tutti, dalla politica alle istituzioni. “Quello della morte di mia madre – conclude – è stato un giorno buio. Questa città, però, rischia di riviverlo sempre”.

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