Un presunto traffico di reperti archeologici, cadono le misure imposte a Pellegrino e Di Simone

 
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Gela. Cadono le ultime misure cautelari imposte ad Orazio Pellegrino e Simone Di Simone, entrambi coinvolti nell’inchiesta “Agorà” che fece emergere la presenza di un presunto gruppo

capace di piazzare, anche fuori dall’Italia, reperti archeologici di valore.

L’indagine sul presunto traffico di reperti. I giudici hanno accolto le istanze presentate dai difensori di fiducia, gli avvocati Davide Limoncello e Ivan Bellanti. Pellegrino e Di Simone vengono considerati personaggi di spicco nel presunto traffico di reperti archeologici che, stando ai magistrati della procura e ai finanzieri, venivano prelevati nelle aree di Gela, del ragusano e del catanese. Così, per Orazio Pellegrino cade il divieto di dimora in Sicilia e Campania. Per Simone Di Simone, invece, viene meno l’obbligo di firma impostogli nel corso dell’indagine. Intanto, slitta a settembre l’inizio dell’udienza preliminare nei confronti di tutti i presunti componenti del gruppo. Il gup Silvia Passanisi ha accertato, infatti, diversi vizi di notifica. I magistrati della procura, dopo aver chiuso le indagini, nelle scorse settimane hanno chiesto il rinvio a giudizio per Orazio Pellegrino, Simone Di Simone, Salvatore Cassisi, Pasquale Messina, Amedeo Tribuzio, Vincenzo Cassisi, Nicola Santo Martines, Mihaela Ionita, Giuseppe Rapisarda, Sergio Fontanarossa, Alessandro Lucidi e Roberto Ricciardi, Giuseppe Orfanò, Francesco Rapisarda, Vincenzo Peritore, Pietro Giannino, Rocco Mondello, Francesco Cannizzaro, Vincenzo Strabone, Giuseppe e Piero Cassarà.

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