Una bomba ecologica al posto delle bonifiche, indagati 7 dirigenti Eni

 
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Gela. Quel “buco nero” potrebbe aver creato un gravissimo inquinamento della falda acquifera. Sette dirigenti Eni sono finiti nel registro degli indagati a conclusione di una indagine della procura che contesta la mancata bonifica della «vasca A zona 2»,

meglio nota agli addetti ai lavori della raffineria di Gela come «Buco Nero». L’inchiesta per reati ambientali, condotta dalla Guardia costiera di Gela e dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto di Roma, vede il coinvolgimento di sette tra ex dirigenti e dipendenti del petrolchimico, per i quali i pm ha già notificato la chiusura delle indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio.

La «vasca A zona 2» è una fossa lunga 90 metri, larga 70 metri e profonda 8,5 metri, estesa per circa 6.300 metri quadrati e con volume di circa 53.000 metri cubi, situata nell’area della vecchia discarica all’estremità orientale del complesso del petrolchimico Eni.

Nella vasca sono state progressivamente accumulate migliaia di tonnellate di rifiuti oleosi e solidi di vario tipo, prodotti nei primi 25 anni di attività del petrolchimico gelese. E gli interventi di bonifica previsti, nell’ambito di un progetto di messa in sicurezza autorizzato nel dicembre 2004, si sarebbero rilevati in gran parte inidonei.

Le indagini e gli accertamenti tecnici hanno evidenziato che i rifiuti contenuti all’interno della vasca, altamente tossico-nocivi, avrebbero contaminato «in maniera perdurante il terreno sottostante raggiungendo la falda acquifera e quindi il mare e che il sistema di confinamento dei processi di inquinamento costituiti della barriera idraulica (pozzi di emungimento) e fisica (barriera bentonitica) sarebbero stati in parte inefficienti».

È stato, inoltre, accertato «anche il superamento, nelle acque di falda e nei terreni, delle concentrazioni soglie di rischio (CSR) calcolati per la salute delle persone (lavoratori) e la protezione dell’ambiente (aree boschive e risorsa idrica)». Infine, è stato riscontrato che «importanti attività ed in particolare l’estrazione del rifiuto dalla vasca ed il trasferimento in altri siti per lo smaltimento erano stati effettuati in modo difforme rispetto a quanto progettato dalla stessa Raffineria di Gela ed autorizzato dal Ministero». 

I reati contestati sono, a vario titolo, di inquinamento riguardano Giuseppe Ricci, ex Ad della Raffineria Gela, Battista Grosso, ex Ad della Raffineria, Rosario Orlando, responsabile Soi 5 e dell’area delle discariche, Felicia Massetti, all’epoca dei fatti dipendente di Enitecnologie Spa, progettista della bonifica della vasca; Savio Greganti, dipendente della Snam Progetti, responsabile della realizzazione dei lavori; Carlo Tornetta, ex dipendente della Raffineria; Raffaele La Torre, dipendente Eni.

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