Aveva raccontato la sua lotta per la vita a “Trincee”, è morto Giuseppe Antonuccio

 
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Gela. Era il dicembre del 2020 quando questo ragazzone dagli occhi sorridenti che si chiama Giuseppe, contattò la redazione di Trincee per raccontare la sua storia. “voglio dire a chi soffre che la forza di combattere si trova sempre” ci raccontò al telefono prima dell’intervista.

Oggi Giuseppe, 26 anni, e da tre in lotta contro un tumore insidioso, il Sarcoma di Ewing, che in poco tempo si era divorato il suo femore destro, ha smesso di combattere. Il male lo ha portato via ieri notte dopo anni di battaglie.

Eppure la sua storia è straordinaria perché Giuseppe pur non avendo sconfitto la malattia, di battaglie ne ha vinte tante per tenersi stretto quella vita che per diverse volte ha cercato di scivolargli via dalle mani.

Due anni complicati, segnati da interventi chirurgici e cicli infiniti di chemioterapia nei quali Giuseppe è riuscito a passare indenne attraverso una serie di prove impressionanti, imparando a convivere con la malattia ma anche con l’idea di essere malato.

Giuseppe si è ammalato al culmine della giovinezza, caratterizzata dalla passione grande per il pallone, i primi calci tirati sul campo della sua città, e poi un lavoro sicuro. Tutte cose che Giuseppe ha dovuto lasciare: con la malattia che ha stravolto piani e progetti.

Eppure lui non si è mai scoraggiato, ha imparato a confrontarsi con i cambiamenti e a ragionare per mesi anziché per anni, per obiettivi rapidi e sostenibili. Fondamentale per lui il supporto della famiglia l’amore, grande di Roberta, che non lo ha mai lasciato un attimo, e che Giuseppe ha ricordato così in quella sua ultima intervista.

Un guerriero fragile, ma con una forza devastante che ha continuato la sua lotta, con il sorriso sulle labbra e con la voglia di vincere ancora tante battaglie.

Oggi la sua bacheca facebook nella quale Giuseppe spesso raccontava dei suoi progressi con la malattia è invasa dai commenti addolorati delle tante persone che gli volevano bene.

Il ragazzone dagli occhi buoni oggi non c’è più, ma risuona con ancora più forza l’appello che appena due anni fa volle rivolgere a tutti quei ragazzi che stavano vivendo una situazione simile alla sua.

A volte mi capita di guardare un punto fisso, che sia un fiore, un Alba o un tramonto poco importa, perché i miei occhi non vedono ciò che guardò, i miei occhi vedono il nulla in quel momento.
È lo stesso con le orecchie, poco importa se sono da solo, con gli amici o in mezzo ad una folla, sento soltanto un rumore che spegne tutto il resto, ed è sempre in quel momento che sento un forte dolore tra lo stomaco e il petto.
Poi con gli occhi focalizzo ed inizio a rivedere cose che ho già visto.
Rivedo il me che non c’è più;
Rivedo quello che ho passato, da quel brutto giorno dove mi sentii ripetere di stare tranquillo che non era niente di che per mille volte, in quel piccolo ospedale che in quel momento però sembrava così grande;
Rivedo quando quel giorno in cui entrai in ospedale a Bagheria con le mie gambe e ne sono uscito con una sola, l’altra era formata da ferro e muscoli affettati e da una cicatrice che misura più o meno tutta la lunghezza del femore che non avevo più;
Rivedo quel momento in qui entrai in reparto e conobbi la sofferenza della gente, alcuni ti sorridevano a malapena, altri ti guardavano come per dire “fratello prima o poi passerà”;
Rivedo quando, a malapena cosciente mi portarono in terapia intensiva col cuore che batteva a malapena con una pressione sanguigna di 70-40, i reni non funzionavano e quel polmone collassato che non mi permetteva quasi più di respirare, con mia madre che piangeva accanto al letto, ed i medici che non mi davano più di qualche ora di vita per quella brutta infezione;
vedo i medici entrare in stanza dicendo “signor Antonuccio ha delle metastasi ai polmoni, la malattia cresce le probabilità si abbassano”.
Invece con le orecchie inizio a sentire cose che avevo già sentito, sento delle urla.
Le urla di Bruck dolorante, un bambino di 11 anni, portato in Italia dall’Africa, pesava più o meno 30 kg, il padre affamato che si avvicinava alla nostra tavola con aria timida a chiedere un pezzo di pane per il figlio, sento la gioia di Bruck dopo l’amputazione della gamba, finalmente il dolore lancinante era scomparso, che strano eh, un bambino che gioisce dopo essersi svegliato senza la gamba destra, ma si, quel fottuto dolore non c’era più. E poi sento le urla, le urla di dolore del padre di Bruck, quando purtroppo si, il suo cuoricino si spense per via del suo fisico senza forze, mal nutrito per la fame che patì nel suo paese, Bruck non riuscì a sopportare la forza tremenda della chemio terapia;
Sento ancora la voce del mio amico Razi.
Aaaah Razi, abbiamo passato tanti notti insieme in stanza a parlare di amori, esperienze vissute, ubriacature, a scambiarci pensieri ed opinioni, storditi dalla chemio terapia ma comunque vogliosi di vita, e poi sento l’urlo, quell’urlo che non si sente con le orecchie ma col cuore; era un urlo di liberazione? Di rabbia? Di tristezza? Non so, ma quell’urlo che lo portò via, i suoi occhi si chiuserò per sempre con una lacrima che scendeva lungo le tempie;
Sento ancora la voce di Filippo.
Ahahaha mamma mia che risate con Filippo, quel giorno ero solo in stanza, entrò l’infermiera e mi disse “beppe hai compagnia, è famoso e divertente, ma buona fortuna è proprio un rompi p***e”, Filippo aveva rappresentato l’Italia di canottaggio al mondiale 2018 arrivando primo davanti a tutto il mondo, medaglia d’oro per lui nello sport e nella vita, impossibile raccontarle tutte ma fidatevi era un grandissimo sognatore e amante della vita, sento la sua voce quando mi disse, con una gamba ancora fuori uso, “nel 2021 parteciperò alle olimpiadi costi quel che costi!”, e poi si, sento l’urlo, anche il tuo Fratello, l’urlo che non avrei mai voluto sentire, quell’urlo che vero spense il suo corpo ma non il suo ricordo ed il suo sogno, Filippo nonostante ciò riuscì ad entrare nella scuderia delle Olimpiadi di Tokyo con la convocazione, perché Filippo pur non essendoci più, farà sempre parte di quella scuderia e sarà per sempre il più forte di tutti!
…Poi però inizio a vedere ciò che gli occhi guardano, ed a sentire ciò che le orecchie percepiscono da ciò che mi sta intorno, mi guardo attorno col cuore che trema e con gli occhi che si sforzano a trattenere le lacrime, e penso che nonostante quello che gli occhi hanno visto, e le orecchie hanno sentito, io sono qui a scrivere tutto ciò, e che un giorno magari quell’urlo sarà il mio, ma che per adesso devo lottare, per Bruck, per Razi, per Filippo e per tutti coloro che non ce l’hanno fatta, affinché quell’urlo arriverà il più tardi possibile.
Con ciò non voglio far passare il messaggio dell’uomo forte che sono perché a volte sono anche molto debole e fragile, ma che siamo aimè circondati dal male, e per quanto brutto possa essere dirlo, chi più chi meno passeremo nelle nostre vite sempre un periodo brutto in cui pensiamo di non poterne uscire mai, ma ciò che ho imparato in tutto ciò voglio insegnarlo a voi se me lo concedete;
con l’amore e con la gioia tutto il male che vi colpisce non avrà effetto nelle vostre vite;
Siete RICCHI e non lo sapete, abbracciate i vostri genitori, baciate la persona che amate, divertitevi con i vostri amici, ridete di gusto con i vostri colleghi nonostante siate stanchi dalla pesante giornata di lavoro. amatevi, amate tutto, gli amici, i conoscenti, i parenti, i genitori, gli sconosciuti, amate le vostre scarpe, la vostra maglia appena comprata, amate il vostro cane, gioite per la conquista di un obbiettivo di un vostro amico, gioite per tutto ciò che di bello nostro signore ha fatto, il mare, la montagna, gli alberi, insomma vivete di sentimenti, ma quelli veri!
Amate, Gioite, e non ci sarà niente che potrà toccarvi nell’anima fino in fondo!
Giuseppe 25 anni!”

qui l’intervista a Trincee 

https://www.youtube.com/watch?v=0BvyC0D_vOg&list=PLnGspf_LDkVqF35P09DhzfC2-emabTZJW&index=24

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