Vince il partito di chi non vota, crollo dell’affluenza alle urne: la città arresa lontana dalla politica

 
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Gela. I dati non tradiscono e ad urne chiuse e a sindaco eletto, è ormai chiara la nascita di un terzo polo, quello di chi a votare non ci va più. Ai seggi di ieri è andato a malapena il 40 per cento (il dato finale è al 40,48%). Soprattutto al mattino, nelle sezioni c’erano giusto pochi intimi. Una lotta elettorale, quella tra il neo sindaco Lucio Greco e il suo avversario Giuseppe Spata, vissuta soprattutto dai rispettivi entourage e dai fedelissimi di sempre. Tanti, invece, si sono messi da parte. Solo due settimane fa, alla chiusura dei seggi del primo turno, il dato finale ha segnato 58,40 per cento (con il sostegno a liste e candidati al consiglio comunale che probabilmente ancora tira). Tra lo scorso 28 aprile e il ballottaggio di ieri si sono persi diciotto punti percentuali. Numeri del “patrimonio” di chi ha scelto di non scegliere o, più semplicemente, non si riconosce nelle proposte portate avanti dai candidati.

Quattro anni fa, quando il ballottaggio rise all’allora grillino Domenico Messinese (seppur si votasse in due giorni) il dato finale fu del 54,71 per cento. Insomma, una brusca caduta che probabilmente avrà favorito alcuni calcoli elettorali ma che spazza via gran parte di una città, ormai convinta che il voto non risolva nulla o comunque che non possa incidere sulle difficoltà di ogni giorno. Una cosa sono i selfie ad ogni piè sospinto tra elettori, più o meno convinti, altra invece è una città arresa.

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