“Greco vittima mafia”, annullata interdittiva dopo suicidio: “Incongruenze Prefettura”

 
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Anche il Tar Palermo ha emesso una decisione favorevole alla Cosiam

Gela. Un errore “marchiano” della prefettura di Caltanissetta, così lo hanno definito nel ricorso i legali dell’azienda Cosiam, che però costò la vita all’imprenditore cinquantasettenne Riccardo Greco. Si uccise nel febbraio dello scorso anno, fortemente turbato dall’interdittiva antimafia rilasciata dai funzionari prefettizi, che escludeva la società anche dalla white list delle aziende libere da infiltrazioni mafiose. Il provvedimento adesso è stato annullato dai giudici del Tar di Palermo, che lo hanno dichiarato illegittimo. Insieme ad uno analogo, rilasciato dalla struttura del Ministero dell’interno che coordina i controlli sugli appalti della ricostruzione post-sisma in Abruzzo, sancì l’esclusione dell’azienda di Greco da importanti cantieri, portando alla revoca dei contratti. Anche il Tar Lazio ha annullato l’atto della struttura ministeriale. Un’onta che l’imprenditore non riuscì a sopportare, nonostante nel tempo fosse stato più volte impegnato a denunciare richieste estorsive e danneggiamenti subiti. Il suicidio sollevò polemiche e scosse anche gli stessi uffici che intanto avevano rilasciato l’interdittiva, ritenendo che avesse legami con esponenti della criminalità organizzata. Il titolare della Cosiam era stato assolto dalle contestazioni e pochi mesi dopo il decesso, la procura generale di Caltanissetta rinunciò all’appello che era stato proposto contro l’assoluzione. Gli stessi giudici amministrativi arrivano a scrivere, nelle motivazioni della loro decisione di annullamento dell’interdittiva, che ci fu un’evidente sottovalutazione del contenuto della sentenza che assolveva Greco da qualsiasi ipotesi di vicinanza ai clan. “E’ stato contestato dalla ricorrente, e risulta in modo oggettivo dalla semplice lettura della sentenza, che le parti della sentenza valorizzate dalla prefettura sono tratte dalle prime 40 pagine di premessa che la sentenza dedica alla enunciazione del capo di imputazione ed all’illustrazione dell’impianto accusatorio così come sostenuto dal pm, (e in parte anche alla tesi difensiva dell’imputato) – si legge nella sentenza – come si evince chiaramente dal fatto che in più parti l’estensore della sentenza si premura di rimarcare la paternità delle tesi del pm via via illustrate. Invece l’iter motivazionale della sentenza (di assoluzione) comincia da pag.40 e nel disattendere l’impianto accusatorio dell’organo requirente, esordisce affermando che “sulla base delle superiori emergenze processuali, gli elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini non appaiono sufficienti a fondare una pronuncia di colpevolezza atteso che risulta dubbia la sua partecipazione, sia pure quale concorrente esterno, al sodalizio di stampo mafioso come a lui contestata nel superiore capo d’imputazione”. In sostanza, la prefettura rilasciò l’interdittiva antimafia, basandosi sulla ricostruzione dei pm e non sul contenuto effettivo delle motivazioni dell’assoluzione.

“Nel caso specifico l’organo giudicante ha invece escluso la sussistenza di comportamenti compiacenti e soggiacenti, avendo anzi affermato che egli non ha mai mutato il suo status di imprenditore vittima – sicché si manifesta evidente l’incongruenza della motivazione adottata dalla prefettura che fa acriticamente prevalere le congetture sostenute dal pubblico ministero – si legge ancora nella sentenza – in quel processo piuttosto che le conclusioni dell’organo giudicante che motivatamente ne hanno escluso la fondatezza. Le quali, anzi, non sono state nemmeno riportate nel provvedimento e soppesate onde inferirne l’irrilevanza – ove ammesso fosse possibile – ai fini del giudizio prognostico di permeabilità rispetto a possibili condizionamenti mafiosi”. Motivi che hanno portato il Tar palermitano ad accogliere il ricorso dei legali della Cosiam, gli avvocati Giuseppe Aliquò e Loriana Palermo. All’azienda è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, ma solo per quei cantieri bloccati dall’interdittiva e poi ripresi, a seguito del passo indietro della prefettura, che circa due mesi dopo il suicidio accolse la richiesta di aggiornamento della white list, inserendo nuovamente Cosiam. Un’entità economica stimata in 40 mila euro, ben al di sotto degli oltre 800 mila euro stimati dai legali dell’azienda, che invece hanno avanzato istanza per un risarcimento integrale da danno economico. La prefettura, che si è costituita in giudizio, è stata condannata al pagamento dello spese del procedimento e a quelle del risarcimento.

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