L’omicidio Mendola, Cauchi e i presunti complici dal giudice

 
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I carabinieri nei luoghi del ritrovamento del cadavere di Matteo Mendola

Novara. E’ fissata per la prossima settimana, davanti al gup del tribunale di Novara, l’udienza preliminare scaturita dall’omicidio del trentatreenne Matteo Mendola. Il gelese, da anni residente a Busto Arsizio insieme alla famiglia, venne trovato senza vita all’interno della rimessa di una vecchia fabbrica abbandonata, tra i boschi di Pombia, in provincia di Novara. A conclusione delle indagini, i pm piemontesi contestano l’accusa di omicidio ad Antonio Lembo, Angelo Mancino e all’imprenditore gelese Giuseppe Cauchi. I tre vennero arrestati nel corso dell’inchiesta, partita dopo il ritrovamento del cadavere. Stando alle accuse, l’ordine di uccidere Mendola sarebbe partito da Giuseppe Cauchi e ad ammazzarlo sarebbero stati proprio Lembo e Mancino, dopo averlo attirato in quell’area isolata. Dietro a quanto accaduto, i pm ipotizzano un presunto regolamento di conti, forse legato ad affari illeciti. Mendola venne ucciso a colpi di pistola e sarebbe stato finito con un cric.

Le indagini. Antonio Lembo, nel corso delle indagini, ha ammesso di aver ucciso il trentatreenne, tirando in ballo un presunto ordine impartito da Giuseppe Cauchi. Nei mesi successivi al ritrovamento del cadavere, spuntò la pistola che sarebbe stata utilizzata per l’omicidio. I tre imputati, difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Marco Cozzi, Mattia Piantanida e Alessandro Brustia, dovranno rispondere alle accuse davanti al giudice.

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