Non lasciamole sole, storie di donne abbandonate al loro destino

 
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Gela. Abbandono: azione e risultato dell’abbandonare, una parola molto spesso ricorrente in quei contesti in cui vi è un referente ben specifico.

Per esempio noi siamo soliti riferirla in automatico ai cani. Soprattutto in estate  sprechiamo persino l’uso della parola tra spot pubblicitari e campagne educative contro chi lascia da soli gli animali domestici. Ma non c’è nessuno, nemmeno un cane che si interessi di contrastare l’abbandono degli anziani nella nostra città. Eppure il nostro è un paese di vecchi;  la crescita si è azzerata e l’età media si è elevata.

Ovviamente occuparsi degli anziani implica un impegno maggiore: sono meno simpatici e di gran lunga più noiosi con i loro bisogni e le loro pretese.

Fino a quando, però,  non è chiaro che anche l’ultimo degli esseri umani ha un valore di gran lunga superiore al più caro dei nostri beniamini domestici, è sempre più  triste notare come esistano persone dimenticate. Proprio come i luoghi in cui vivono.

E’ il caso della signora Carmela Vella, residente in via Lecce, 69 anni, vedova . Il marito Antonio Licata l’ha lasciata tre anni fa. Non hanno avuto figli. L’unica persona a  farle compagnia 10 giorni l’anno è la sorella; Grazia Vella, più grande di lei, residente a Genova insieme a 8 figli. Quest’ ultima ha difficoltà ad occuparsi in prima persona della sorella per via della distanza e del fatto che ancora deve metabolizzare la morte della figlia di 45 anni.

Nonostante le ferite, la signora Grazia mi accoglie con un sorriso dentro la loro casa, fortemente impregnata di quel tipico odore, quella strana miscela di profumo e malattia che accompagna le persone anziane. Una casa che è divenuta una prigione in cui la proprietaria ha seppellito tutta la sua vita senza avere la benché minima intenzione di disfarsi di nulla.

Mi sorride pure la signora Melina e racconta che soffre di sordità; di cirrosi epatica; di rigonfiamento delle gambe e dei piedi che la costringono all’uso delle stampelle; di dolori alla schiena. E di una forte solitudine.

Alla morte del marito, la sorella l’aveva raggiunta e aveva presentato domanda per richiedere assistenza sociale ottenendo sostegno da una donna solo per tre miseri giorni. Questa  rinunciò all’incarico e nessuno mai si è più occupato della faccenda.

Ci auguriamo che lo facciano a partire da adesso. In caso contrario, la signora rischia di morire in completa solitudine. Nonostante abbia promesso il contrario, infatti,  non ha alcuna voglia di raggiungere Genova e la sorella.

In fondo, ha sempre vissuto qui e a quella casa, fatta di scatoloni e cianfrusaglie che riassumono una vita intera, non vuole rinunciare. 

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