Operaio morì, “nessun nesso tra attività lavorativa e malattie”: assolti gli imputati

 
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Gela. Non è stata provata un’eventuale connessione tra le gravi patologie, che portarono alla morte di Giuseppe Lauria, ex operaio dell’indotto Eni, e la possibile esposizione a sostanze pericolose. E’ stata pronunciata una decisione di assoluzione per ex manager e responsabili tecnici di raffineria, ma anche per i rappresentanti di alcune cooperative dell’indotto, per conto delle quali lavorò proprio l’operaio, poi morto. Come ha spigato il pm Mario Calabrese, anche dalla valutazione di quanto concluso dall’esperto nominato per valutare possibili connessioni tra le patologie e l’attività lavorativa di Lauria, non è emerso alcun nesso. Gli accertamenti, nel corso delle indagini, si concentrarono sugli idrocarburi policiclici aromatici e sulla pista di possibili conseguenze per la salute dell’operaio. Venne subito esclusa l’esposizione all’amianto. Il perito, dopo le verifiche affidategli, ha però escluso questo tipo di incidenza, spiegando invece che le patologie potrebbero essere state conseguenza di abitudini di vita del lavoratore, “come il fumo di sigaretta”, è stato precisato. Il pm ha chiesto l’assoluzione per tutti gli imputati, a seguito dell’assenza di elementi certi per appurare un qualsiasi nesso. Il giudice Miriam D’Amore, nel dispositivo letto in aula, ha disposto l’assoluzione, nel merito, con la formula “perché il fatto non sussiste”. La decisione favorevole ha riguardato Giovanni Pannuzzo, Salvatore Turturici, Leonardo Baccone e Rocco Questante, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Giuseppe Salvatore Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Renato Monelli, Marco Saetti, Giuseppe Farina, Salvatore Vitale, Luciano Di Buò, Salvatore Maranci e Vito Milano. Inizialmente, in fase di udienza preliminare, era stato pronunciato il non luogo a procedere per i manager e i responsabili tecnici di Eni. La Cassazione annullò quella decisione e si arrivò al giudizio, già disposto per gli allora rappresentanti delle cooperative dell’indotto. Le parti civili, nell’interesse dei familiari dell’operaio, hanno invece insistito per arrivare ad una decisione di condanna, ritenendo provato il nesso tra le patologie e le sostanze alle quali il lavoratore sarebbe stato esposto negli anni, durante l’attività in fabbrica. In tal senso, hanno concluso gli avvocati Adriano Falsone, Alessandra Greco e Angelo Fasulo. Di tenore nettamente diverso, il contenuto delle conclusioni dei difensori, che hanno nuovamente escluso che l’attività lavorativa di Lauria possa essere stata la causa delle patologie.

Una linea condivisa da tutti i legali di difesa e da quello della società Raffineria di Gela, in giudizio come responsabile civile. Il giudice Miriam D’Amore ha emesso l’assoluzione, con motivazioni che saranno depositate nel termine di trenta giorni. L’inchiesta venne aperta dopo la morte del lavoratore, affetto da patologie che si manifestarono nel tempo, con i familiari che chiesero di fare luce su quanto accaduto. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Angelo Licata, Maurizio Cannizzo, Angelo Urrico, Gualtiero Cataldo, Luca Mirone, Carlo Autru Ryolo, Carlo Federico Grosso, Attilio Floresta, Guido Alleva e Pietro Granata.

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