Romano morì dodici anni fa, travolto e schiacciato da un tubo: in appello condanne confermate

 
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L'operaio Francesco Romano morì dodici anni fa

Gela. Dodici anni fa, il drammatico incidente sul lavoro costato la vita all’operaio trentenne Francesco Romano. Venne travolto e schiacciato da un tubo da otto tonnellate che si staccò da una catasta nei pressi di un cantiere, lungo la radice pontile del sito industriale Eni. Morì sul colpo. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno respinto i ricorsi avanzati dai difensori degli imputati, confermando le condanne. I magistrati nisseni hanno ripercorso quanto già deciso dal giudice del tribunale gelese. In primo grado, le condanne furono ad un anno e otto mesi per Bernardo Casa, Fabrizio Zanerolli, Nicola Carrera, Marco Morelli, Alberto Bertini, Patrizio Agostini, Sandro Iengo, Rocco Fisci e Serafino Tuccio. Un anno e sei mesi per Mario Giandomenico, Angelo Pennisi e Vincenzo Cocchiara. Infine, un anno e quattro mesi a Salvatore Marotta. Decisioni adesso ribadite dalla Corte d’appello alla quale si sono rivolti i legali di difesa. La moglie di Romano, nell’interesse anche delle figlie, è parte civile nel procedimento. Ha scelto di rimanere nel procedimento, assistita dall’avvocato Salvo Macrì. Come già nel primo giudizio, la parte civile ha insistito sul fatto che ci sia stata una connessione diretta tra la mancata attuazione di tutte le misure di sicurezza, necessarie in un’area ritenuta non adatta ad attività di cantiere, e il drammatico epilogo. Le difese, al contrario, hanno indicato l’assenza di un collegamento tra quanto accaduto e le posizioni dei loro assistiti. Nel giudizio, gli imputati sono gli imprenditori delle società che operavano in quell’area e i riferimenti di quelle che curavano il monitoraggio dei sistemi di sicurezza, oltre a manager Eni. Le motivazioni verranno successivamente depositate. La procura generale aveva concluso indicando la conferma di quanto già disposto in primo grado.

“Per noi – dice il legale di parte civile Salvo Macrì – è una vittoria anzitutto morale. Abbiamo fatto di tutto per rimanere nel procedimento dimostrando che avevamo come unico interesse quello della verità per una fine tragica che ha strappato un padre all’affetto della moglie e delle figlie”. Le altre parti civili, in secondo grado, hanno invece formalizzato la rinuncia alla costituzione, a seguito di un accordo raggiunto con le società che sono nel procedimento. Alle società, in relazione alle responsabilità amministrative, in primo grado fu imposto il pagamento di trecento quote (da 500 euro). Decisione che tocca Eni, Cosmi Sud, Pec srl e Sg Sertec.

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