Soldi in cambio delle forniture idriche dal punto comunale, dipendente deve risarcire l’ente

 
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Gli indagati ripresi durante gli incontri al punto di rifornimento di Montelungo

Gela. La somma che dovrà restituire all’ente comunale è inferiore rispetto agli oltre settantamila euro che erano stati indicati dalla procura che lo ha portato davanti ai magistrati della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti regionale. In totale, dovrà versare circa 36mila euro. La vicenda che coinvolse il dipendente comunale Rosario Moscato è quella che si sviluppò in un’indagine concentrata su un accordo illecito stretto dallo stesso dipendente del municipio con Gaetano Cassarà, titolare di un’impresa attiva nel settore dei rifornimenti idrici tramite autobotti. Come accertato a livello penale, il dipendente di Palazzo di Città, ricevendo un pagamento illecito, consentiva al padroncino di rifornirsi di acqua nel punto di approvvigionamento comunale, a Montelungo. I soldi non andavano nelle casse dell’ente ma in mano al dipendente. Un sistema che venne scoperto e portò alle misure cautelari. I due, nel prosieguo, patteggiarono le rispettive pene. Tutti fattori che per la procura contabile regionale sono alla base di un danno patito dal municipio, non solo economico ma pure di immagine. I rifornimenti non consentiti vennero documentati con sistemi video piazzati dagli inquirenti. Nel procedimento contabile, la difesa, sostenuta dal legale Davide Limoncello, ha in parte ridimensionato i fatti, escludendo che si trattasse di un accordo mantenuto per un lungo lasso di tempo. Secondo questa versione, fu limitato a pochi mesi.

Il legale, come riportano le motivazioni della decisione che sono state pubblicate, ha anche fatto rilevare che nel procedimento penale Palazzo di Città non si è costituito parte civile, segnale dell’assenza di un danno ingente e di un interesse a perseguire il dipendente. Ha riferito che nel punto di approvvigionamento di Montelungo l’acqua viene caricata anche da altri mezzi per servizi resi dal municipio. Per la Corte dei Conti, il danno così come l’accordo infedele stretto da Moscato, sono stati provati e giustificano la condanna alla restituzione al municipio della somma accertata, ovvero poco più di trentaseimila euro.

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