Strade a metà ad Albani Roccella, il Comune “dimentica” le opere di urbanizzazione

 
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Una delle vie asfaltate per metà dai privati al Albani Roccella.

Gela. Il Comune ha incassato le somme di urbanizzazione ma non realizza ne strade ne marciapiedi perché non ha mai controllato l’azione di qualche abusivo.
Dieci proprietari di ville nel quartiere periferico Albani Roccella hanno deciso di fare sentire la loro voce, accusando il Comune di immobilismo dopo avere promesso e non mantenuto l’avvio degli interventi di urbanizzazione. “Abbiamo le concessioni ma non le strade e i marciapiedi – accusano i residenti – che il settore Urbanistica del Comune aveva inserito nella programmazione delle opere del piano triennale 2007-2009. Sono trascorsi dieci anni ma, forse per protesta, un imprenditore privato ha asfaltato a metà le arterie stradali di via Santa Chiara, San Giuseppe e Santa Rita. Strade che in alcuni tratti si restringono per colpa degli abusivi. Cosi, invece degli otto metri previsti, la carreggiata si riduce ad appena tre metri. Troppo pochi per ottenere il via libera dal settore Lavori pubblici. Congelata anche l’azione del settore Urbanistica, mai intervenuto con “l’invio di una lettera di demolizione delle aree abusive” – come aveva suggerito l’ormai ex assessore ai Lavori pubblici, Flavio Di Francesco.

Il risultato è inquietante e mortifica i sacrifici economici di sedici famiglie e un imprenditore che proprio nel cuore del rione Albani Roccella ha realizzato in una superficie di 12.730 metri quadrati una vera a propria città ecocompatibile ed ecosostenibile. Sulla vicenda l’assessore all’Urbanistica, Giovambattista Mauro, lo scorso febbraio aveva assicurato “la verifica e la successiva azione per contrastare eventuali abusi edilizi”.
“Alle parole e ai nostri sforzi economici – accusano i residenti delle ville ad Albani Roccella – non hanno fatto seguito i fatti. Dopo dieci anni di attesa assistiamo alla realizzazione di mezza strada già compromessa da improbabili restringimenti. Almeno in otto abbiamo pagato una media di 12 mila euro a testa per ritrovarci nel deserto. Qualcuno di noi – concludono – riceve l’acqua pubblica tramite autobotti, come fossimo in un’area rurale”.

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