Timpazzo, otto mesi nel percolato poi licenziato e ammalato: l’odissea di Blanco

 
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L'ex operatore Ato, l'indigente Biagio Antonio Blanco

Gela. Abbandonato dall’Ato Ambiente dopo essersi ammalato e ignorato dai centri sociali. Il 53enne Biagio Antonio Blanco è piombato nella miseria più assoluta, dopo avere lavorato a mani nude nella discarica di Timpazzo ed essersi ammalato. Otto mesi di lavoro in vasche di percolato. “Ero incaricato al posizionamento di tubi per lo smaltimento del percolato – spiega l’ormai ex operatore Ato – Ho dichiarato alla magistratura che operavano con mascherine e guanti ma non ho riferito che quando entravo in quelle condotte stavo male. Li hanno scavato e mescolato rifiuti consolidati da anni. I medici inizialmente mi avevano diagnosticato una tiroide invece dopo hanno confermato la presenza di linfonodi. Avevo 40 di febbre, non riuscivo ad alzarmi dal letto. Questo il bilancio dopo otto mesi di lavoro nelle vasche della discarica di Timpazzo. Li ho preso l’infezione. Quelle protezioni non erano sufficienti. Quando è finito il lavoro sono stato buttato fuori”.

Le dichiarazioni spontanee rese dall’ex operaio, piombato con la malattia nella miseria, potrebbero essere frutto della disperazione per l’attuale condizione di indigente. In meno di dodici mesi il 53enne sarebbe stato lasciato anche dalla moglie e allontanato dalla figlia dopo il grave lutto del figlio appena 17enne che viveva in una comunità. “Mio figlio è stato stroncato da un parassita – aggiunge Biagio Antonio Blanco – Era ricoverato al Gaslini di Genova. Dopo quell’episodio sono rimasto solo. Da quattro mesi vivo in una stanza ma non ho un lavoro e non posso pagare affitto e utenze. Ho provato a fare qualche lavoro saltuario e sperare in un sussidio dal settore Servizi sociali del Comune. Ricevo aiuti solo dal cappellano dell’ospedale”.

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