Caso Eni, indotto e diretto protestano davanti la fabbrica: monta la rabbia

 
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Gela. La vertenza Eni, sia sul fronte dei lavoratori del diretto, compresi quelli del gruppo Enimed, sia su quello del tormentato indotto, non si ferma neanche nel week end.
Per la prima volta da anni, operai delle aziende dell’indotto e operatori Eni stanno protestando insieme

davanti ai cancelli della fabbrica. I primi non accettano che l’accordo firmato in prefettura per l’assorbimento di almeno novanta di loro tra le fila di Sicilsaldo ed Ergo Meccanica sia rimasto lettera morta; gli operatori del diretto, invece, temono che la riorganizzazione dei progetti della multinazionale distrugga definitivamente qualsiasi possibilità di sviluppo del sito di contrada Piana del Signore, con il rischio di trasformarlo in un’area assolutamente marginale e, quindi, di produrre il taglio di posti di lavoro.
“Da qui non ci muoviamo – dicono gli operai dell’indotto – oramai è una questione di sopravvivenza per noi e per le nostre famiglie”.
Da lunedì, comunque, la protesta dovrebbe assumere contorni ancor più plateali. Non è da escludere che i blocchi possano estendersi dai cancelli della fabbrica alle vie stradali che collegano il sito alla città. In fermento, comunque, ci sono anche gli operatori incaricati di gestire i pozzi d’estrazione. L’obiettivo dei lavoratori Eni, infatti, è quello di bloccare qualsiasi passaggio del greggio estratto ad altri siti per la raffinazione. Il caso Eni sta diventando un vulcano sociale che non riguarda più soltanto gli operai dell’indotto ma anche quelli di raffineria. Mercoledì, intanto, i sindacalisti delle segreterie generali siciliane di Cgil, Cisl e Uil saranno in città.
Il sito di Gela potrebbe diventare un avamposto per proteste in grado di estendersi ad altri siti del gruppo. “Se c’è crisi per l’azienda – si chiedono sotto i gazebo allestiti dai lavoratori del diretto – perché non si passano in rassegna tutte le raffinerie del gruppo in Italia? Invece, hanno scelto di far pagare la flessione solo a noi operatori della fabbrica locale. Così, non ci stiamo!”.

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