Inchiesta “Donne d’onore”, Ris su spari: “Colpi compatibili con la stessa arma”

 
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Immagine di repertorio

Gela. I bossoli ritrovati sui luoghi di almeno tre presunte azioni intimidatorie sarebbero compatibili con la stessa arma, una pistola calibro 45. Lo ha spiegato uno specialista del Ris di Messina, sentito davanti al collegio penale del tribunale. Secondo le accuse mosse dai pm della Dda di Caltanissetta, confluite nell’inchiesta “Donne d’onore”, in almeno due casi a sparare sarebbero stati i giovani Carmelo Martines e Giuseppe Liardo, imputati nel procedimento. Tra gli obiettivi presi di mira, un bar in corso Aldisio e l’abitazione dell’imprenditore Emanuele Mendola. Il maresciallo dei Ris ha esposto le conclusioni degli accertamenti tecnici compiuti. I carabinieri sono sicuri che Martines e Liardo abbiano agito. Sarebbero stati riconosciuti da diversi particolari, anche degli abiti indossati. Oltre a loro due, imputati sono Nicola Liardo, Monia Greco, Dorotea Liardo, Salvatore Raniolo, Calogero Greco e Giuseppe Maganuco. In base alle indagini, Nicola Liardo anche dal carcere sarebbe riuscito a gestire un giro di droga ed estorsioni, appoggiandosi soprattutto ai familiari.

Lo stesso Liardo, il figlio Giuseppe e Salvatore Raniolo, a fine mese, dovranno rispondere all’accusa di aver ordinato ed eseguito l’omicidio del tassista Domenico Sequino. Già nel corso di precedenti approfondimenti investigativi, i carabinieri erano risaliti ad un “pizzino”, attraverso il quale Nicola Liardo, sempre dal carcere, avrebbe tentato di chiedere soldi a Mendola. L’imprenditore ha sempre escluso di aver subito minacce dagli imputati. Altri testimoni verranno sentiti ad inizio luglio. I coinvolti sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Davide Limoncello, Cristina Alfieri, Antonio Impellizzeri, Francesco Enia e Maurizio Scicolone.

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