Nell’abitazione una pistola e munizioni, condanna per due fratelli

 
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Immagini di repertorio

Gela. Un anno e dieci mesi ciascuno, con pena sospesa. Il collegio penale del tribunale (presieduto dal giudice Francesca Pulvirenti) ha chiuso con la lettura del dispositivo il procedimento avviato nei confronti dei fratelli Giovanni Licata e Davide Licata. Furono coinvolti in un’indagine, che portò al ritrovamento di una pistola e di una ventina di munizioni, che erano nell’abitazione di famiglia. L’attenzione degli investigatori si era inizialmente concentrata su un terzo fratello, Ruben Licata, che è stato già giudicato per questi fatti. Il sospetto degli inquirenti è che gli imputati abbiano potuto nascondere altre armi, probabilmente due fucili, che non furono mai trovati. Vennero intercettati nel corso di colloqui in carcere con l’altro fratello. La richiesta conclusiva avanzata dalla procura era più pesante, a cinque anni di reclusione ciascuno. La difesa, sostenuta dall’avvocato Filippo Spina, ha messo in luce più aspetti ritenuti non in linea con le accuse. Per la difesa, non sarebbe mai stata dimostrata l’effettiva disponibilità delle armi.

L’altro fratello, Ruben Licata, chiamato a testimoniare in aula, ha voluto precisare che nessuno sapeva della pistola e delle munizioni. Ha di fatto scagionato i due fratelli. La procura invece ha sempre ritenuto che ci fosse stato un tacito accordo tra tutti i fratelli, così da far sparire anche altre armi. La difesa ha insistito sul mancato ritrovamento proprio delle altre armi.

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