Nelle campagne “hanno agito con metodo mafioso”, tutti condannati i Trubia: oltre 60 anni di carcere

 
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Gela. Non un clan, ma un gruppo ben organizzato che ha agito con metodo mafioso, imponendo le guardianie nelle aree rurali della città ed estromettendo i concorrenti nel mercato della raccolta della plastica. E’ quanto emerge dal verdetto pronunciato dal collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Marica Marino e Silvia Passanisi, che ha condannato tutti gli imputati, coinvolti nell’inchiesta antimafia “Redivivi”. L’accusa di associazione mafiosa è stata derubricata nell’ipotesi semplice, riconoscendo comunque il metodo mafioso. Dodici anni di reclusione a Vincenzo Trubia, nove anni al ventottenne Rosario Trubia, otto anni e otto mesi complessivi a Davide Trubia (che rispondeva anche di estorsioni risalenti nel tempo), otto anni e cinque mesi per Nunzio Trubia, sette anni e un mese a Ruggiero Biundo, sette anni ciascuno a Luca Trubia e Simone Trubia, sei anni e dieci mesi a Rosario Caruso e un anno e quattro mesi per il ventinovenne Rosario Trubia. Il collegio, invece, ha assolto tutti gli imputati rispetto all’accusa di aver imposto la consegna della plastica dismessa agli imprenditori agricoli della fascia trasformata, quella tra Bulala e Mignechi, al confine con la provincia di Ragusa. La pronuncia del collegio, alla fine, è stata meno pesante rispetto a quanto chiesto dal pm della Dda di Caltanissetta Luigi Leghissa, che invece ha sostenuto l’esistenza di una vera e propria organizzazione mafiosa, tutta imperniata sulla famiglia Trubia.

Ipotesi sempre contestata dai difensori, gli avvocati Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi e Carmelo Tuccio, che l’hanno ribadito in aula, nel corso di una lunghissima istruttoria. Riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore di tutte le parti civili. In giudizio, c’erano l’antiracket “Gaetano Giordano” e la Fai, con gli avvocati Giuseppe Panebianco e Laura Cannizzaro, gli operatori estromessi dall’arrivo dei Trubia, con l’avvocato Giovanni Bruscia, il Comune, con il legale Anna Gambino, e l’associazione Codici Sicilia. L’entità del risarcimento verrà definita in sede civile. A tutti gli imputati, una volta scontata per intero la pena, è stata imposta la libertà vigilata per un anno. Dall’inchiesta “Redivivi”, coordinata dai pm della Dda di Caltanissetta ed eseguita dai poliziotti della mobile e da quelli del commissariato, è uscito uno spaccato criminale, fatto di controllo delle campagne ma anche spaccio di droga. Altri coinvolti nella stessa indagine, sono ancora in attesa del verdetto, che verrà pronunciato dal gup del tribunale di Caltanissetta.

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