Spacciavano anche l’eroina, inchiesta “Tomato”: condanne in appello per undici coinvolti

 
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Immagini di repertorio

Gela. I carabinieri e i pm della procura, negli scorsi anni, ricostruirono centinaia di episodi di spaccio di droga in città. Cocaina, hashish e marijuana sarebbero state vendute anche nei pressi di bar e locali. Nel giro, ricostruito con l’inchiesta “Tomato”, riemerse prepotentemente l’eroina. Dopo le pesanti condanne di primo grado, pronunciate dal gup a conclusione del giudizio abbreviato, i magistrati della Corte d’appello di Caltanissetta hanno rivisto al ribasso l’entità di molte decisioni. E’ passato il concordato per le posizioni di Alessio Savatta (un anno e sei mesi si reclusione), Gianfranco Casano (un anno e cinque mesi), Maria Rita Calascibetta e Gaetano Marino (un anno e quattro mesi). I legali, tra questi gli avvocati Francesco Enia e Vittorio Giardino, hanno insistito per l’accoglimento della richiesta di concordato, ritenendo che l’eventuale ruolo degli imputati fosse stato comunque non di primo piano. Di maggiore entità, invece, sono state le pronunce nei confronti di altri presunti complici. Le pene maggiori sono state imposte a Salvatore Stamilla, sette anni e otto mesi di detenzione (a fronte dei nove anni del procedimento di primo grado), Alessandro Scilio, sei anni e otto mesi (in primo grado otto anni e quattro mesi) e Salvatore Mazzolino, sei anni e otto mesi (rispetto agli otto anni del precedente grado di giudizio). Si tratterebbe dei presunti pusher più attivi individuati dagli inquirenti. Ai tre è stata riconosciuta la continuazione e i legali, gli avvocati Salvo Macrì e Dionisio Nastasi, probabilmente si rivolgeranno alla Corte di Cassazione.

Cinque anni e otto mesi sono stati imposti a Fausto Fecondo (erano stati sette anni e due mesi in primo grado). Quattro anni e otto mesi, infine, a Vincenzo Di Maggio (sei anni e due mesi dal gup), Luciano Guzzardi (sei anni in primo grado) e Antonina Cricchio (cinque anni e sette mesi nel precedente giudizio). Sono difesi dagli avvocati Antonio Gagliano, Enrico Aliotta, Paola Carfì e Matteo Bonaccorsi. L’indagine consentì di arrivare ai canali di rifornimento, catanesi e palermitani.

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